Giù le mani dalle nostre pensioni!

di Fabio Dozio

 

In settembre si voterà sulla proposta di stabilizzazione dell’assicurazione vecchiaia e superstiti AVS21. Un progetto da rimandare al mittente.

No all’aumento dell’età pensionabile per le donne!

 

Grande successo per il referendum contro il progetto di riforma del primo pilastro AVS21.

Le firme consegnate a Berna lo scorso 25 marzo erano più di 150 mila. Il risultato è merito di un’ampia alleanza, dai sindacati ai partiti di sinistra.

 

«AVS 21 tocca le donne che si sono dedicate alla famiglia e hanno svolto molto lavoro non retribuito o lavori part-time mal pagati con poche prospettive di carriera» – dice la copresidente del PS Svizzero Mattea Meyer. – «Queste donne vengono ora relegate in secondo piano e subiscono una riduzione della loro pensione di 1200 franchi all’anno nell’ultima parte della loro vita. Questo è inaccettabile».

 

La proposta di riforma, accettata dal Parlamento lo scorso autunno, propone di innalzare l’età pensionabile delle donne a 65 anni. La maggioranza borghese invoca la parità, ma dimentica che la storia delle donne, sul posto di lavoro e anche (ahinoi) in famiglia, non ha niente di paritario. Nel 2018 le donne guadagnavano mediamente il 19% in meno rispetto ai colleghi uomini. Aspetto preoccupante: il dato è in crescita rispetto al 18,3% del 2016 e al 18,1% del 2014. Mediamente le donne incassano una pensione del 37% inferiore a quella degli uomini, anche perché le lavoratrici sono spesso attive a tempo parziale. Una donna su quattro in Svizzera riceve solo l’AVS e non ha un secondo pilastro. L’innalzamento a 65 anni dell’età pensionabile permetterebbe di risparmiare 1,42 miliardi di franchi all’anno. Un altro elemento della riforma è l’aumento dell’IVA di 0,4 punti percentuali (dall’attuale 7,7% all’8,1%). Per addolcire la pillola si prevedono alcune compensazioni, aliquote più favorevoli se si anticipa la rendita e pensioni leggermente migliori per i bassi redditi.

 

Solidarietà elvetica

L’AVS è un gioiello del sistema pensionistico elvetico, un esempio virtuoso dello stato sociale. Ha avuto una gestazione difficile, ma nel 1947 il popolo ha approvato l’assicurazione con una maggioranza schiacciante dell’80% dei votanti. Alla vigilia del voto Libera Stampa, quotidiano socialista, scriveva: «La legge federale che sancisce l’AVS, che come noto e già stata accettata dalle Camere federali, sancisce per la prima volta il principio della solidarietà nel campo dell’assicurazione sociale, quel principio della solidarietà che costituisce la base stessa della Confederazione e di cui le casse di compensazione per perdita di salario e di guadagno, create durante la seconda guerra mondiale, sono la degna espressione». E ancora, per inquadrare il clima del dibattito: «Gli atteggiamenti che la classe padronale svizzera va assumendo, in questi ultimi tempi, devono essere presi molto sul serio. Non si tratta di manifestazioni sporadiche: esse portano, al contrario, segni di un piano ben stabilito tendente – in urto a ogni sentimento di equità – alla più egoistica difesa d’interessi di classe».

 

La contrapposizione politica tra sostenitori e detrattori dell’AVS dura da più di settant’anni. I paladini del meno stato prevedono da sempre il fallimento dell’assicurazione. È vero che il numero degli anziani aumenta rispetto al numero dei lavoratori, ma nel corso degli anni sono cresciuti anche i salari e la produttività.

Si incrementino gli stipendi così l’AVS incassa di più. Dal 2014 i versamenti di chi lavora sono inferiori alle rendite erogate. Ma bisogna tener conto anche di altre cifre, se si vuole dare un quadro realistico della situazione. Gli interessi sul capitale complessivo dell’assicurazione non sono conteggiati perché «possono subire forti variazioni da un anno all’altro», dice il Governo. Per esempio l’anno scorso il patrimonio delle assicurazioni sociali federali è cresciuto di 2,3 miliardi di franchi, attestandosi a 40,8 miliardi. Anche il 2020 ha fatto registrare un incremento superiore ai 2 miliardi. Naturalmente, i commentatori borghesi non mancano di gufare: «AVS, il fondo si rafforza ma i rischi rimangono». Inoltre dal 2020 entrano 2 miliardi di franchi previsti dalla riforma fiscale (RFFA) e 520 milioni di franchi che il Consiglio federale intascava arbitrariamente dall’ultimo adeguamento dell’IVA. Il catastrofismo sul destino dell’assicurazione vecchiaia e superstiti è fuori luogo. Nel 1997 i rapporti federali prevedevano 15 miliardi di franchi di deficit nel 2010. I conti, quell’anno, hanno invece chiuso con 2 miliardi di utili.

 

Previdenza sociale o mercato della previdenza

L’AVS è un modello vincente. Tutti i cittadini pagano i premi in percentuale del loro reddito (4,35%), ma poi si riceve la stessa pensione. Un principio molto sociale, che poteva essere esteso e diventare il sistema pensionistico per eccellenza. Invece nel 1972 il popolo svizzero ha bocciato, con la complicità del Partito socialista e dei sindacati, la proposta del Partito del lavoro «Per vere pensioni popolari» che prevedeva un netto rafforzamento dell’AVS. Lo Stato avrebbe dovuto garantire pensioni pari almeno al 60% del reddito e una rendita minima annua di 6 mila franchi. La proposta avrebbe indebolito le casse pensioni professionali e le assicurazioni pubbliche e private. In votazione, assieme all’iniziativa, si sottopose un controprogetto che proponeva il sistema dei tre pilastri: AVS come assicurazione di base, cassa pensione professionale (che diventa obbligatoria), risparmio privato. Il 75% dei votanti respinse l’iniziativa e nacque così il sistema svizzero per la previdenza della vecchiaia fondato sui tre pilastri. Un sistema zoppo, se solo pensiamo che il terzo pilastro, il risparmio privato, non tutti possono permetterselo. Una conseguenza positiva della votazione fu l’aumento delle pensioni AVS, incrementate dell’80%.

 

La decisione di creare la pensione professionale obbligatoria favorì gli assicuratori privati che si trovarono a maneggiare una gallina dalle uova d’oro. Casse private che si riempiono di centinaia di milioni di franchi e che si riflettono con effetti speculativi sul mercato immobiliare, oltre che borsistico e obbligazionario.

 

Due tentativi di migliorare il primo pilastro sono stati bocciati. Nel 2016 il sindacato ha lanciato l’iniziativa «AVSplus: per un AVS forte» e nel 2017 la riforma «Previdenza vecchiaia 2010», ma senza successo. Matthieu Leimgruber – professore esperto in materia – ha dichiarato: «Dopo aver lungamente studiato gli archivi degli assicuratori, posso dirvi che non fanno attività sociale, ma fanno affari. E le casse pensioni hanno sempre perseguito obiettivi diversi dal pagamento delle rendite: fidelizzare e pacificare la manodopera, ridurre il carico fiscale delle imprese o, ancora, alimentare tutta una serie d’intermediari finanziari». Insomma, invece della previdenza sociale, il mercato della previdenza.

 

No al cerotto AVS21

AVS 21 più che una riforma è un cerotto. Intanto dovrebbero essere adeguate le rendite, che da anni sono ferme al palo. Prossimamente si voterà anche sull’iniziativa «Vivere meglio la pensione» che propone di elargire la tredicesima ai pensionati. Inoltre la riforma dell’AVS dovrebbe essere accompagnata da una riforma del secondo pilastro.

 

L’aumento dell’IVA per finanziare l’assicurazione è inviso alle sinistre perché si tratta di una tassa sui consumi che colpisce tutti indistintamente. È vero, anche se il nostro tasso IVA è piuttosto basso e, in ogni caso, chi spende per beni di lusso paga di più che per i beni di prima necessità. Le possibilità di garantire un futuro sicuro alle casse dell’AVS sono anche altre. Per esempio si può dirottare una parte dei profitti della Banca nazionale. O, meglio ancora, introdurre la microimposta sul traffico scritturale dei pagamenti, come proposto dall’iniziativa lanciata due anni fa, che purtroppo non è riuscita. Bisognerà ricuperare e rilanciare questa interessante proposta.

 

A settembre si voterà su AVS21. Forse il monito del giornale socialista Libera Stampa nel 1947 rimane attuale: bisognerà vedere se «la classe padronale sceglierà l’equità o la difesa egoistica degli interessi di classe».

 

È importante votare no perché, in ogni caso, l’Assicurazione Vecchiaia e Superstiti rimane un modello vincente ed esemplare dal profilo della solidarietà sociale e non va peggiorato.

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