Rojava vive – Kollettiva Jiyan
Rispondendo alla chiamata internazionale per i 10 anni di rivoluzione sociale in Rojava,
ci incontriamo martedì 19 luglio 2022 alle ore 17:30
davanti al consolato della Svezia in via Nassa 17, Lugano.
In alcune regioni del Kurdistan, in particolare nel Rojava (nord della Siria), viene vissuto un modello alternativo e antagonista al capitalismo, che prende il nome di Confederalismo Democratico. Una teoria e una pratica fondate su tre pilastri quali il municipalismo libertario, il femminismo e l’ecologia sociale. Si traduce in un progetto politico, sociale e culturale basato sull’esperienza e sul retaggio collettivi per una società civile organizzata in modo autonomo, anti-monopolistico, con democrazia diretta e partecipativa. Mira all’inclusione delle diverse identità culturali presenti, a dare voce ai bisogni e a consolidare l’autonomia degli attori sociali, attraverso la creazione di condizioni necessarie per organizzare la società in modo che consideri la sua complessità.
All’interno di questo modello, il concetto di economia viene inteso come l'insieme delle azioni essenziali per far sì che la società soddisfi i suoi reali bisogni. La sua amministrazione è l'organo di autogestione attraverso la quale la società si organizza dal basso, autodeterminandosi (il popolo è il solo conoscitore di sé stesso). In questo modo, viene raschiata via la smania e il capriccio per il profitto, che appartiene all’attività dei monopoli e che sembra essere diventato l'unico istinto sociale che il capitalismo sa proporre. Nel Confederalismo Democratico ciò che conta sono gli interessi vitali della società, il suo sviluppo e la sua prosperità sia a livello strutturale sia semantico; non avviene una seduzione della società con l’obiettivo di colonizzarla disperdendone l’intelletto. Si evita quindi una democrazia priva di contenuti che si ripete in modo insignificante.
Il partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) difende l’esperienza del Rojava, con quello che ha, dallo stato-nazione turco che attacca per opprimere le minoranze all’interno di queste regioni e per far tacere la fattibilità di una società alternativa al capitalismo. Il presidente turco Erdogan fa apparire il PKK come un gruppo di terroristi, ma al contrario di quello che vuol far credere e di quello che lui ordina di fare, il PKK non ha interesse ad invadere e ad attaccare ma solo di difendere la sua identità e la possibilità concreta di un altro modo di stare al mondo. Quindi, di quale terrorismo stiamo parlando? Attualmente Erdogan, che nel contesto del conflitto Russia-Ucraina si propone come mediatore di pace della NATO, minaccia di invadere nuovamente la Siria, con il pretesto di eliminare questi promotori e difensori della democrazia.
Addirittura, vuole farsi passare per quello buono facendo credere che la zona di sicurezza controllata da Ankara nel nord della Siria (quindi al di fuori dei confini nazionali) potrebbe essere destinata ai rifugiati siriani che attualmente si trovano in Turchia. Riferisce che in preparazione c’è un piano per il ritorno volontario di questi siriani (che ormai risiedono da anni in Turchia). È pero fondamentale ricordare che queste persone sono scappate dalla Siria a causa delle forze e del potere liberticida jihadista (a seguito della crisi mediorientale, deriva del capitalismo), appoggiate proprio dallo stato turco attraverso l’impiego di militari turchi per sopprimere la civiltà curda e altre minoranze presenti in quell’area.
A seguito del conflitto Russia-Ucraina, Svezia e Finlandia hanno chiesto di entrare nella NATO e ciò è stato possibile solo dopo l’accettazione di un ricatto da parte della Turchia. È stato creato un accordo trilaterale in cui la Turchia, sfruttando la formula ‘’minaccia alla sicurezza nazionale’’ (per giustificare ogni operazione militare e invasione in Rojava, in nord Iraq e le operazioni contro l’opposizione interna), ha piegato Svezia e Finlandia alle seguenti richieste: condannare il PKK e i gruppi sostenitori; consegnare i rifugiati politici curdi e le persone sospettate di terrorismo alla Turchia; impegnarsi a fomentare la disinformazione su gruppi definiti terroristici; annullare il loro embargo sulle armi.
Svezia e Finlandia (NATO) hanno dunque deciso di sacrificare e tradire i cittadini curdi e i sostenitori della loro rivoluzione, consegnandoli al carnefice Erdogan.
Per ricordare un vecchio proverbio curdo: ‘’non abbiamo amici, solo le montagne’’, sottolineando così la lunga storia di tradimenti, massacri e delusioni subiti.
Noi continueremo ad esserci, attent*, solidal* e attiv*, perché crediamo che questa rivoluzione sia fondamentale per tutta l’umanità, oggi più che mai.
Rispondendo alla chiamata internazionale per i 10 anni di rivoluzione sociale in Rojava, ci incontriamo martedì 19 luglio 2022 alle ore 17:30 davanti al consolato della Svezia in via Nassa 17, Lugano.
Stop all’invasione turca
#Defend Rojava
Biji la solidarietà internazionale!!!
Rojava vive – Kollettiva Jiyan
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Aderiscono all’iniziativa: il Comitato ticinese per la ricostruzione di Kobane e la Comunità curda Ticino