Sfide epocali necessitano soluzioni radicali

Intervista all’economista Sergio Rossi

di Francesco Bonsaver

 

Dalla pandemia alla guerra, mentre siamo nel pieno di una profonda crisi ambientale. I salari che stagnano mentre tutto aumenta. La povertà si diffonde anche nella ricca Svizzera, la cui ricchezza si concentra sempre più in poche mani. 

Non sono tempi in cui si respira ottimismo.

 

Il sistema capitalista, fondato sullo sfruttamento dell’uomo e dell’ambiente, mostra tutti i suoi limiti. Dei risvolti economici e sociali delle scelte imposte dall’ideologia neoliberista dominante, ne parliamo col professore Sergio Rossi.

 

 

Tutto aumenta, i salari stagnano da un decennio e le rendite pensionistiche sono calate. A settembre arriverà l’annunciata botta dei premi cassa malattia, le cui anticipazioni portano ad aumenti tra il 5 e il 7%. Quali scenari economici si prospettano nel breve-medio periodo?

La situazione economica peggiorerà a breve-medio termine, a causa di numerosi fattori che riguardano sia le scelte di politica economica sia le strategie aziendali. La pandemia da Covid-19, il surriscaldamento climatico e il conflitto in Ucraina stanno esacerbando i problemi macroeconomici sul piano globale, dove si osserva un forte rincaro dei prezzi al consumo a seguito dei costi che sono aumentati per numerose imprese, sia nel settore agricolo sia in quello industriale. Tutto ciò si ripercuoterà anche nel settore dei servizi, colpendo perciò l’insieme dell’economia. Il ripetuto aumento dei tassi di interesse decisi dalle principali banche centrali aggraverà la situazione in quanto fa aumentare anche gli interessi sui prestiti bancari concessi alle imprese, che ripercuoteranno tale aumento sui prezzi di vendita dei loro beni e servizi. Per diverse nazioni, tra cui spicca l’Italia, ci sarà pure un notevole aumento degli interessi sul debito pubblico, che ridurrà la possibilità di offrire i servizi pubblici di cui la popolazione necessita.

 

Una crescita degli stipendi sarebbe possibile con una forte mobilitazione di lavoratrici e lavoratori in conflitto col padronato. È uno scenario plausibile in Svizzera o ci sarebbero altre vie?

Anche se ci fosse questa forte mobilitazione, un aumento degli stipendi non sarebbe uno scenario immaginabile, visto il potere contrattuale di cui beneficiano le imprese, a seguito dell’elevato numero di persone disoccupate in cerca di lavoro e anche perché, dagli anni Ottanta innanzi, lo Stato non persegue più in alcun modo l’obiettivo del pieno impiego in Svizzera. Ci sarebbero tuttavia alcune vie percorribili: la prima e la più importante sarebbe quella di aumentare gli stipendi in base all’aumento della produttività del lavoro riscontrato negli anni scorsi, a seguito del progresso tecnico e della formazione continua di numerose lavoratrici e lavoratori. Un’altra via percorribile sarebbe quella di incentivare le imprese ad aumentare gli stipendi concedendo loro, in tal caso, una riduzione dell’aliquota sugli utili a mo’ di compensazione, facendo loro capire che i lavoratori spendono nel mercato dei beni e dei servizi quanto guadagnano nel mercato del lavoro.

 

La ridistribuzione della ricchezza potrebbe avvenire attraverso una riduzione del tempo di lavoro a parità di salario. Recenti articoli giornalistici indicano le nuove generazioni più interessate alla qualità di vita che al denaro. Quale opinione ha in merito?

Si potrebbe lavorare meno per far lavorare tutti, come già suggeriva Giovanni Agnelli – il famoso imprenditore e presidente di FIAT –, anche se verosimilmente sarà necessario un ricambio generazionale dei dirigenti aziendali prima di osservare questo cambiamento nei paesi occidentali. È vero che le nuove generazioni sono più interessate alla qualità di vita e meno a occupare posizioni dirigenziali, ma potrebbero forse anche avere una maggiore sensibilità sociale, se capiscono che l’interesse individuale non può fare astrazione dalla qualità di vita di tutti i portatori di interesse nel sistema economico. Le persone possono vivere bene solo se la società è coesa nel suo insieme. Ciò comporta anche una corretta distribuzione del reddito e della ricchezza, tenendo conto della meritocrazia – oggi spesso ignorata in questa distribuzione, che dipende più dai rapporti di forza tra le parti sociali che dal merito individuale.

 

I dati statistici dell’Amministrazione fiscale federale riportano di un’ulteriore crescita della diseguaglianza patrimoniale in Svizzera nell’ultimo decennio. Sarebbe fattibile identificare in Svizzera chi ha accumulato grandi profitti durante la crisi pandemica o dall’aumento speculativo dei prezzi in un’ottica di ridistribuzione della ricchezza?

I profitti stravaganti accumulati dalle case farmaceutiche che hanno prodotto i vaccini anti-Covid, venduti a prezzi eccessivi in Svizzera e altrove, andrebbero sottoposti a un’imposta “Covid” il cui gettito fiscale dovrebbe servire a sostenere finanziariamente le persone che faticano a condurre una vita dignitosa con il loro reddito. In maniera analoga, il commercio di materie prime agricole o energetiche e la forte speculazione finanziaria in questo ambito dovrebbero essere sottoposte a un’imposta supplementare sugli utili delle imprese e delle società finanziarie, tramite cui finanziare le politiche sociali e di rilancio economico, tenuto conto della necessità di garantire la sostenibilità ambientale delle attività economiche, sia quelle svolte in Svizzera sia quelle di cui la Svizzera beneficia tramite le sue importazioni.

 

Recentemente Caritas nazionale ha rilanciato l’allarme, evidenziando la problematica del ceto medio escluso dal diritto a prestazioni sociali. Se la soglia del minimo vitale (molto bassa in Svizzera) fosse aumentata di 500 franchi al mese, ha segnalato Caritas, il numero di persone considerate povere raddoppierebbe raggiungendo la cifra di un milione e mezzo (circa uno svizzero su otto). Lo studio condotto dall’Università di Berna è stato eseguito prima dell’aumento generalizzato dei prezzi. Lo stato sociale svizzero reggerà? La coesione sociale svizzera può essere considerata a rischio?

Lo stato sociale svizzero si sta sgretolando da numerosi anni, per quanto riguarda sia le pensioni sia le prestazioni dell’assicurazione contro la disoccupazione. Continuando sulla rotta imposta dal neoliberismo, lo stato sociale sarà ampiamente smantellato, mettendo a rischio la coesione sociale in Svizzera. Questo paese potrebbe perciò ritrovarsi, tra meno di vent’anni, al livello nel quale si trovano oggi le nazioni confinanti, con una situazione di pauperizzazione del ceto medio bene illustrata, in ordine crescente, da Germania, Francia e Italia. Il numero di lavoratori poveri aumenta, come aumentano i lavoratori precari, quelli che svolgono diversi “stages” non pagati, le persone che lavorano su chiamata, gli pseudo “indipendenti” e via dicendo, in un mercato del lavoro che assomiglia sempre di più a una giungla. Se non ci sarà un cambiamento radicale delle strategie aziendali, volto a retribuire correttamente l’insieme delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti, l’unica soluzione che si prospetta all’orizzonte è l’introduzione di un reddito di base incondizionato, da finanziare in maniera equa e corretta, per esempio tramite una micro-imposta sui pagamenti scritturali.

 

Ridurre le tasse sui carburanti è una soluzione per rinforzare il potere d’acquisto delle classi medio-basse in Svizzera?

La riduzione delle tasse sui carburanti non è una soluzione corretta in quanto beneficia anche alle persone benestanti, che non hanno bisogno di questa riduzione, dato che si trovano in una situazione finanziaria agiata. Per rinforzare il potere d’acquisto del ceto medio e di quello basso in Svizzera, si potrebbero dare loro degli “chèques” mensili, di importo fisso o variabile a dipendenza della situazione, grazie ai quali queste persone potrebbero pagare meno il carburante, soprattutto quando non possono evitare di usare l’automobile per gli spostamenti legati alla loro attività professionale, vivendo lontano dal loro luogo di lavoro, a maggior ragione quando non ci sono valide alternative con i mezzi di trasporto pubblico. In seconda battuta, lo Stato potrebbe concedere a queste persone un aumento delle deduzioni fiscali per i loro spostamenti professionali, anche se ciò avrà un effetto ritardato sul loro tenore di vita, perché si verificherà con diversi mesi di ritardo rispetto al periodo durante il quale queste persone hanno dovuto pagare dei prezzi più elevati per il carburante necessario alla loro mobilità professionale.

 

Urgenza ambientale e urgenza sociale. Come evitare il conflitto tra queste due urgenze non più rinviabili con delle misure concrete in tempi rapidi?

Si tratta di un problema complesso e di difficile soluzione. L’urgenza ambientale implica la riduzione notevole delle spese di consumo da parte dell’insieme della popolazione, quindi un calo importante delle vendite, della cifra d’affari e degli utili aziendali. Ciò comporterà il calo dell’occupazione e delle risorse fiscali, aumentando la necessità di versare degli aiuti statali alle persone bisognose. Questo aggraverà l’urgenza sociale, ossia la necessità che lo Stato intervenga rapidamente tramite il versamento di prestazioni in denaro di vario tipo, per lottare contro la povertà, la disoccupazione e l’esclusione sociale – tre fattori di disagio sociale che generano dei costi importanti, una parte dei quali non sono certo monetizzabili ma vanno a discapito dell’insieme dell’economia e della società.

Una misura concreta, per lottare contro entrambe queste urgenze, sarebbe quella di aumentare l’imposta sul valore aggiunto (IVA) dei beni di lusso, eliminando l’IVA per i prodotti indispensabili, il cui elenco andrebbe definito considerando il progresso tecnico e il livello di sviluppo economico della Svizzera. Un’altra misura di natura fiscale potrebbe considerare il consumo energetico e il livello di inquinamento derivante dalla produzione dei beni e dei servizi venduti in Svizzera, penalizzando la vendita di prodotti che consumano molta energia e/o che inquinano molto. Il gettito fiscale di questa misura potrebbe finanziare delle politiche sociali per sostenere le persone bisognose, tanto più quanto queste persone hanno un comportamento economico favorevole all’ambiente.

 

Tutto ciò comporta delle sfide epocali, ma dobbiamo impegnarci in questo senso perché il nostro pianeta non può essere sostituito e ci stiamo avvicinando ad alta velocità all’estinzione della specie umana sulla Terra.

Tratto da: