Ma cosa sta capitando con EOC?

di RedQ

 

È la domanda che sempre più persone si stanno ponendo, a fronte di un numero crescente di medici che avevano o hanno tuttora posizioni importanti all’interno di EOC e che stanno passando o sono già passati con armi e bagagli ad una delle troppe cliniche private che abbiamo in Ticino. 

 

In certi casi c’è anche chi, pur avendo una buona posizione all’interno di EOC, ha deciso di ripassare le Alpi (perché attratto da migliori condizioni professionali in ambito pubblico!) o chi sta indagando se esistono altre possibilità nella Svizzera Interna. Ciò non può che preoccupare un’opinione pubblica un po’ disorientata, dopo che con la creazione della Facoltà di Biomedicina e soprattutto del Master in Medicina Clinica si è creduto ad un consolidamento della struttura ospedaliera cantonale. Sembrerebbe invece interessarsi ben poco della situazione il Consiglio di Stato, che in questi ultimi anni è stato molto assente per quanto riguarda la programmazione del futuro sanitario del Ticino. Di questi problemi nei nostri Quaderni ci eravamo già occupati almeno in due occasioni: si veda il Quaderno 32 (Come rilanciare EOC) ed il Quaderno 37 (Magnati, politici e tribunali all’assalto degli ospedali pubblici). Nonostante ciò, proprio perché si tratta di argomenti parecchio complessi, siamo obbligati a ripeterci, almeno in parte.

 

Peggioramento delle condizioni quadro

Il quadro istituzionale diventa purtroppo sempre più difficile per gli ospedali pubblici. Difatti, mentre inizialmente la LAMal era piuttosto favorevole al settore pubblico (nessun sussidio alle cliniche private), ognuna delle susseguenti revisioni ha a poco a poco aumentato il grado di privatizzazione del sistema sanitario, puntando sempre di più sulla concorrenza (un nonsenso in quanto è noto che il sistema sanitario è retto dall’offerta e non dalla domanda), arrivando con la revisione del 2012 ad introdurre addirittura il finanziamento pubblico anche delle cliniche private. Quest’ultimo costa al Ticino all’incirca 130 milioni all’anno (abolendolo, non avremmo più deficit!) ed ha permesso alle cliniche private, molto abili a privilegiare le attività più redditizie (tralasciando invece quelle onerose), di cominciare una vera e propria “campagna acquisti” di molti medici dell’EOC, offrendo loro retribuzioni e prospettive finanziarie superiori a quelle che l’ente pubblico può permettersi. Prospettive che arrivano o vanno al di là del millione annuo.

 

La revisione della LAMal del 2012 ha inoltre introdotto quale base del finanziamento ospedaliero il sistema forfettario DRG, con un modo di calcolo che tendenzialmente riduce ogni anno questi forfaits, in linea di principio a svantaggio soprattutto degli ospedali pubblici. Non è quindi una sorpresa, anche se ha fatto molto scalpore, che un nosocomio di lunga tradizione come il Kantonsspital di Baden abbia recentemente dichiarato di essere ormai al limite del fallimento. Il quadro diventa ancora più fosco se pensiamo a cosa è capitato nella famigerata storia dell’Ospedale La Providence di Neuchâtel acquistato da una clinica privata che immediatamente denunciò il contratto collettivo di lavoro. Dopo un lungo sciopero, gli impiegati furono semplicemente licenziati. Il Canton Neuchâtel rispose sospendendo il finanziamento LAMal all’ospedale, asserendo che solo strutture che accettano il contratto collettivo di lavoro possono aver diritto ai sussidi cantonali. Poco più di un anno fa, il Tribunale Amministrativo Federale ha purtroppo dato ragione ai proprietari privati, affermando che il cantone non ha il diritto di imporre queste regole. Una sentenza disastrosa, perché così i cantoni perdono una delle loro ultime possibilità di controllare almeno un po’ come vengono gestiti gli ospedali pubblici che sono stati privatizzati. In questo modo anche la pianificazione ospedaliera cantonale diventa in buona parte una farsa.

 

Qualcosa di simile potrebbe capitare anche in Ticino, dato che la Clinica Moncucco, nuovo proprietario della Clinica Santa Chiara a Locarno, tanto per cominciare bene ha recentemente disdetto il contratto collettivo di lavoro degli infermieri e da allora tutto tace.

 

La trappola universitaria

Non c’è dubbio che la creazione della Facoltà di Medicina rappresenta l’unica vera garanzia per un miglioramento continuo della qualità delle strutture ospedaliere ticinesi, anche perché le scienze mediche sono le uniche tra tutte le materie universitarie ad essere rette da un regolamento federale, in base al quale la qualità della struttura deve essere certificata a scadenze regolari. A questo proposito vale la pena ricordare come il fatto che, partendo da un settore ospedaliero che sino a 40 anni fa era poco più che medioevale, si sia arrivati ad avere un’efficienza sufficiente per essere riconosciuti come polo universitario, dimostra l’enorme balzo in avanti compiuto in Ticino grazie all’EOC; attorno al quale ruota ora tutto il programma della Facoltà.

 

Ciò significa però non solo che tanti medici devono dedicare buona parte del loro tempo all’insegnamento, ma anche che per definizione ci può essere un solo Ordinario per ogni specialità medica, cioè che ci può essere p. es. un solo capo di tutta la chirurgia EOC, di tutta la medicina interna, di tutta la ginecologia, ecc. Se prima quindi c’erano per tutte queste specialità primari per ogni ospedale di EOC, ora la necessaria creazione di un dipartimento e di un capo per ogni specialità, significa che tre dei quattro precedenti primari verranno sottoposti all’Ordinario scelto dall’università, che sarà a capo di quel settore. Ciò può naturalmente creare una serie di scontenti che non hanno una gran voglia di “ubbidire” a qualcuno la cui nomina a grande capo è spesso dovuta, per le regole universitarie, al fatto di aver fatto ricerche apparse in pubblicazioni scientifiche importanti, anche se magari dal punto di vista della cura dei pazienti potrebbe avere meno capacità od esperienza di altri, che gli vengono ora sottoposti.

 

Si dice, probabilmente a ragione, che il direttore del gruppo Moncucco Camponovo, conosciuto per le sue capacità manageriali e per avere il dente avvelenato con EOC, abbia spesso affermato “fate pure la facoltà voi, noi avremo così più spazio per attirare i pazienti”. Buona parte delle partenze eccellenti di medici EOC verso le cliniche private, a quanto risulta si spiegherebbero quindi o con promesse di guadagni più lauti o allora come conseguenza della “trappola universitaria”, anche perché sembrerebbe che alcuni dei nuovi ordinari si siano comportati un po’ come il classico elefante nella cristalleria, in un ambiente oltretutto dove le suscettibilità da prima donna non fanno proprio difetto. Parrebbe anche che la Direzione EOC, possibilmente mal consigliata o ancor peggio informata da qualche responsabile, abbia reagito solo con un colpevole ritardo a queste situazioni.

 

La ciliegina sulla torta

Ad aggravare lo scontento all’interno di EOC è arrivato poi il progetto pilota deciso per ora solo dalla direzione generale che propone di rinunciare alla ginecologia all’interno dell’Ospedale La Carità di Locarno, trasferendo questo settore alla Clinica Santa Chiara, che a sua volta cederebbe però la maternità all’ospedale pubblico di Locarno. Sicuramente a fronte di meno di 300 parti all’anno in ognuno delle due strutture, riunirle in un unico reparto è più che sensato, anche come necessaria garanzia di qualità. Se si tiene però conto che il gruppo Moncucco, nuovo proprietario della Clinica Santa Chiara, non ha mai avuto l’ostetricia, se ci fosse stato anche solo un inizio di una pianificazione cantonale intelligente, questa avrebbe immediatamente trasferito la maternità della Santa Chiara alla Carità. E senza nessun compenso per quanto riguarda la ginecologia, che da un punto di vista del volume di lavoro rappresenta una realtà molto più importante che non quella dei parti, anche per tutti i suoi collegamenti con cure ambulatoriali molto prolungate, realizzate sinora soprattutto nelle strutture locarnesi dello IOSI.

 

A guadagnarci finanziariamente, e anche parecchio, sarebbe quindi evidentemente la Clinica Santa Chiara. Questo ha portato ad un’interpellanza urgente in Gran Consiglio da parte di Anna Biscossa a cui il Consiglio di Stato ha dato una risposta, se così si può definire, infarcita solo di generalità e di aria fritta. Ciò conferma soltanto quanto detto all’inizio: al Consiglio di Stato e soprattutto al Dipartimento della Sanità per quanto riguarda EOC le idee chiare sembrano fare totalmente difetto. A meno che non vogliano agire così per favorire sotto sotto le cliniche private. C’è chi a questo proposito ricorda la posizione perlomeno equivoca del capo-dicastero De Rosa ai tempi del tentato colpo di stato del Cardiocentro. E per carità di patria tralasciamo l’importantissimo discorso sulla necessità di poter contare in futuro su un vero ospedale universitario, tema che a Palazzo delle Orsoline sembrerebbe esser vissuto come se si parlasse di un UFO.

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