Trump sconfitto in un paese diviso come non mai

di Fabrizio Tonello, politologo, Università di Padova

 

Il grande perdente delle elezioni di metà mandato di martedì 8 novembre è stato Donald Trump, i cui candidati sono stati respinti dagli elettori praticamente ovunque. 

Quando questo numero dei Quaderni del Forum sarà nelle mani dei lettori saranno noti anche i risultati del ballottaggio per il seggio del Senato in Georgia, dove il democratico Raphael Warnock dovrebbe prevalere sulla creatura di Trump Herschel Walker, un ex campione di football americano privo di qualsiasi esperienza politica.

 

Se andrà effettivamente così i democratici avranno vinto in tutte e nove le elezioni per il Senato considerate competitive dal Cook Political Report, il più accreditato fra gli studiosi delle dinamiche elettorali negli Stati Uniti. I democratici quindi conservano la maggioranza in Senato anche se hanno perso il controllo della Camera dei rappresentanti. I repubblicani, tuttavia, avranno una maggioranza di soli quattro seggi e sono profondamente divisi tra loro. I democratici hanno vinto ovunque contro i candidati di estrema destra, in particolare in difficili competizioni per la carica di governatore in Arizona e in Pennsylvnia e per il seggio del Senato in Nevada. In Alaska, per la prima volta da decenni, è stato eletto un deputato democratico, Mary Peltola, contro l’ex governatore Sarah Palin, sostenuta da Trump.

 

Queste elezioni hanno confermato un’altra volta l’estrema polarizzazione della società americana, particolarmente visibile nella frattura politica città-campagna e nel cleavage uomini-donne. Le aree rurali votano compatte per i repubblicani, le città votano per i democratici. Le donne (fortemente mobilitate a causa della sentenza anti-aborto della Corte suprema, qualche mese fa) sostengono i democratici. Le grandi praterie, tra gli Appalachi e le Montagne Rocciose, votano per i repubblicani, le due coste, atlantica e pacifica, votano per i democratici. Negli Stati Uniti le contee sono 3.143 e quasi tremila votano per i nostalgici di Trump. L’approssimativo equilibrio nel voto tra i due partiti è il prodotto dello squilibrio demografico fra le aree metropolitane e le altre: la contea di Los Angeles ha circa dieci milioni di abitanti, Loving county, in Texas, ne ha 64.

 

In Texas il governatore repubblicano uscente Greg Abbott, ha distanziato di quasi un milione di voti il candidato democratico Beto O’Rourke, ma le grandi città come Houston, Dallas, Austin e San Antonio hanno votato per i democratici, mentre tutto il resto dello Stato per i repubblicani. Questo significa che in realtà la divisione del voto 50-50 non è il frutto solo di valori e visioni del mondo differenti, spesso opposte, ma anche di una autosegregazione politica consolidata.

 

 

Bigotti con il fucile

Il fenomeno era stato studiato già 15 anni fa da Bill Bishop nel suo libro The Big Sort: i democratici sono molto scettici verso l’idea di avere dei vicini bigotti, che tengono un fucile nel pick-up e sostengono la pena di morte mentre i repubblicani vogliono abitare in comunità che credono in Dio, possiedono armi e sono contrarie all’aborto.

Due esempi basteranno: nella circoscrizione Alabama-1, il candidato repubblicano Jerry Carl ha ricevuto l’84% dei suffragi, contro il 16% del candidato libertario: i democratici non avevano neppure presentato un candidato. Nella circoscrizione New York-14 la deputata più di sinistra dell’intera Camera, Alexandria Ocasio-Cortez, ha ottenuto il 71% dei voti, contro il 27% della candidata repubblicana Tina Forte.

 

La maggioranza democratica in Senato si è consolidata grazie a tre stati: Arizona, Nevada e Georgia. In Arizona lo scontro è tra le città di Phoenix e Tucson e tutto il resto dello Stato. In Nevada, Las Vegas vota democratico (anche grazie a una robusta sindacalizzazione nel mondo dei servizi) e tutto il resto, tranne Reno, vota repubblicano. In Georgia la competizione è tra l’area metropolitana di Atlanta (democratica) e le zone repubblicane. In Wisconsin, la capitale Madison, che è anche una città universitaria, sostiene il partito di Biden, mentre praterie e foreste fino al confine canadese coltivano la nostalgia di Trump e in questo caso il senatore repubblicano uscente Ron Johnson è risultato vincitore con il 50,4% dei voti.

 

Questa spaccatura è rafforzata dal sistema elettorale Winner-Take-All: chi arriva primo vince. Il metodo a turno unico ha molti difetti ma quello essenziale è il fatto che, nelle zone dove il consenso dei due partiti si equivale, affida la rappresentanza di una circoscrizione o di uno Stato a politici che hanno il consenso di metà degli elettori, più qualche decina o centinaia di schede. Il margine di errore nei conteggi è molto spesso superiore a quello dei voti a favore del vincitore. Per esempio, nella circoscrizione Colorado-3, oggi rappresentata da una deputata fascistoide e pericolosa come Lauren Boebert, i conteggi le hanno assegnato la vittoria grazie circa mille schede di vantaggio su 320.000 voti espressi, lo 0,35%.

 

 

Ingovernabilità strutturale

I democratici hanno fatto molto meglio del previsto in uno scrutinio che li vedeva in difficoltà: tradizionalmente nelle elezioni a metà del mandato di un presidente, il suo partito perde il controllo del Congresso. Tuttavia possono rallegrarsi solo a metà: il previsto tsunami repubblicano si è rivelato poco più di una maretta ma con la Camera nelle mani dei repubblicani sarà estremamente difficile per il presidente far passare qualsiasi disegno di legge significativo da adesso alle elezioni presidenziali del 2024.

 

I prossimi due anni saranno caotici quanto mai: Trump ha già avanzato la sua candidatura per tornare alla Casa Bianca ma prima di Natale sarà probabilmente rinviato a giudizio in almeno una delle tre grandi inchieste penali che lo riguardano, per i tentativi di manipolare o addirittura rovesciare con la forza i risultati delle elezioni del 2020.

 

Alla Camera i repubblicani sono spaccati tra una frangia fedele all’ex presidente e deputati più pragmatici ma è perfettamente possibile che l’estrema destra avvii una procedura di impeachment contro Biden, per puri motivi propagandistici. Al Senato, i democratici saranno ancora maggioranza ma dipendono dal buon volere di due senatori centristi, Joe Manchin e Kyrsten Sinema, che bloccano qualsiasi provvedimento realmente progressista, o anche solo innovativo.

 

L’ingovernabilità del sistema politico americano è ormai strutturale e questo non promette nulla di buono per i cittadini, per gli altri paesi, per il pianeta colpito dal riscaldamento globale.

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