Golpe USA e internazionale (post-)fascista

di Luca Celada, corrispondente da Los Angeles

 

A fine gennaio quattro membri degli Oath Keepers, una milizia di estrema destra, sono stati condannati a Washington per associazione sediziosa in connessione all’assalto al Parlamento degli Stati uniti il 6 gennaio 2021.

Le sentenze si aggiungono a quelle già annunciate a novembre contro altri due integranti del gruppo, compreso il fondatore, Stuart Rhodes. Un secondo processo è in corso a carico di cinque appartenenti ad un’altra formazione paramilitare di destra che partecipò agli eventi di quel giorno fatidico, i Proud Boys, specializzati in provocazioni e scontri di piazza. Su un totale di 978 fermati o arrestati in seguito alle indagini del FBI, ad oggi 465 imputati si sono dichiarati colpevoli di aver partecipato all’insurrezione e rimangono in attesa di sentenza definitiva. Malgrado la raccomandazione della commissione parlamentare di inchiesta sul 6 gennaio, è altamente improbabile un procedimento giudiziario contro Donald Trump, che quel giorno incitò la folla, ma che ora è già ricandidato per tornare presidente nel 2024.

 

Due anni dopo, quasi nell’esatto anniversario del 6 gennaio, a Brasilia si è intanto ripetuto un episodio quasi identico. Al Pálacio do Planalto, come a Capitol Hill, era in campo una massa di “cittadini qualunque,” solo vagamente organizzati, sospinti alla furia devastatrice dalla narrazione di un governo illegittimo ed “elezioni rubate” diffusa in rete sui circuiti complottisti e dai leader populisti di riferimento. A Brasilia come a Washington le folle forconiste si sono aggregate “spontaneamente” ma sono state anche telecomandate da chi ha capito come manovrare la “disinformazione partecipativa” che alimenta il metaverso reazionario dove ribolle un linguaggio rancoroso e violento.

 

L’insurrezione brasiliana ha nuovamente dimostrato quanto sia corto il passo da quelle parole ai fatti e che il virus nazional populista che anima in gran parte l’attuale risorgimento della destra è un fenomeno che valica i confini delle singole nazioni. Certo la parabola trumpista ha costituito un evento globalmente determinante, ponendo il nuovo movimento conservatore americano come incubatore ed amplificatore di un’internazionale post fascista. La sinergia fra trumpismo e nuova destra europea ad esempio è stata evidente sin dalla presenza di esponenti come Matteo Salvini alla convention repubblicana del 2016, quella che incoronò Donald Trump.

 

 

Bannon, Bolsonaro e Meloni

L’anno scorso alla convention CPAC (Conservative Political Action Committee) – summit annuale della destra USA - non solo sono intervenuti Viktor Orbán e Giorgia Meloni ma era presente una delegazione di eurodeputati italiani, polacchi e cechi. A maggio Il premier ungherese aveva perfino ospitato un’edizione speciale del CPAC a Budapest alla presenza di numerosi politici e militanti della destra europea ed americana a cui ha dato ampio spazio Fox News. A conferma dell’ammirazione di cui gode il regime di Orbán nella destra americana, l’emittente reazionaria di Rupert Murdoch ha perfino condotto per una settimana le trasmissioni da Budapest. Fra i principali architetti di un “Internazionale” nazional-populista c’è Steve Bannon che da anni si adopera per ampliare i movimenti neo reazionari in vari paesi europei fra cui l’Italia e il Vaticano, dove intrattiene intimi rapporti con l’ala tradizionalista e “anti-franscescana” della Chiesa.

 

Ben documentati sono anche i legami fra Bannon ed il regime Bolsonaro. Dai microfoni del suo podcast, WarRoom, l’ideologo americano ha inveito contro il “furto delle elezioni brasiliane da parte del criminale ateo marxista Lula” ospitando nella trasmissione il figlio dell’ex presidente Eduardo Bolsonaro (altro ospite fisso anche del CPAC) ed offrendo consigli su come riprendere il potere. Modalità e caratteristiche della rivolta del Planalto potrebbero dunque essere meno che casuali, e non gli unici indizi di metodologie comuni ad un movimento transnazionale.

 

Di recente è ad esempio assurta a cause celèbre delle destre populiste il movimento degli agricoltori olandesi insorti contro le regole proposte dal governo per limitare le emissioni di azoto ed ammoniaca contenuti nei fertilizzanti industriali. Malgrado le compensazioni promesse, la protesta di contadini ed allevatori per la potenziale perdita di introiti è montata, sostenuta internazionalmente da politici come Marie Le Pen e dal ministro dell’Agricoltura polacco Henryk Kowalczyk, esponente del partito di destra Diritto e Giustizia. La protesta è infine rimbalzata sull’etere della Fox, sempre alla ricerca di cause per galvanizzare la base trumpista. Entrata nel frullatore mediatico e nella bolla complottista online, la questione si è “arricchita” di invenzioni, come la teoria secondo cui l’obbiettivo finale del governo sarebbe la requisizione dei terreni per consegnarli a migliaia di profughi immigrati. In questi termini la questione è stata ripresa in Canada dall’emittente di destra Rebel News uno dei canali fautori della protesta di camionisti no vax (freedom convoy) che lo scorso febbraio per settimane ha paralizzato Ottawa. Dopo lo scambio in rete, i due movimenti si sono gemellati e nelle proteste olandesi ora è comune vedere bandiere canadesi e viceversa.

 

 

La “tirannia climatica“ olandese

L’operazione è emblematica della (post) politica sistematicamente trascinata su un terreno emozionale dove senso di appartenenza e vittimismo hanno regolarmente il sopravvento su ideologia e dialettica. Riformulata come “tirannia climatica” (parole di Trump) la questione olandese è stata così riproposta come “attacco ambientalista all’identità rurale e cristiana” europea, rubricandola sotto due affidabili trigger emotivi: il tema identitario occidentale e l’insofferenza verso le imposizioni degli “estremisti ambientalisti.” La declinazione orwelliana della riconversione energetica è un filone particolarmente fertile fra gli editorialisti conservatori che di recente, su entrambe le sponde dell’oceano, si scagliano, a turno, contro le auto elettriche, le lampadine LED, le stufe e le cucine a gas tutte oggetto della congiura globalista denominata great reset – il presunto piano per sostituire famiglie, tradizioni e religione occidentali con “l’agenda globalista.”

 

È un’operazione che sostituisce le rivendicazioni collettive con le istanze identitarie ed a quelle politiche sostituisce la difesa del privilegio e della “sovranità individuale.” Il bias di conferma di questa tesi è popolato da élite e burocrazie senza volto e dallo stato profondo che vuole imporre insetti commestibili, vicini stranieri, atleti trans e la “cultura woke” (o correttezza politica.) Le narrazioni complottiste sono insidiose proprio perché mimano il pensiero critico, cooptando in maniera fuorviante l’idea di scetticismo. Così l’ordine capitalista globale o la burocrazia europea, che certo meritano una effettiva analisi critica, vengono riproposti come supercriminali da fumetto, abbellite di bizzarre teorie su pedofilia o cannibalismo e cospirazioni spesso e indistinguibili da vecchi tropi antisemiti su banchieri e finanzieri “stranieri.” Il doppio effetto è di depistare da effettivi interessi monopolistici (eg. quelli dell’industria degli idrocarburi a cui risalgono a ben vedere molte iniziative di disinformazione) e di confondere le acque delle legittime istanze ambientaliste o altermondiste.

 

I problemi artificiali strumentalmente ingigantiti (il termine USA è astroturfing) alimentano l’indignazione che aggrega il consenso mentre distolgono da più concreti conflitti sociali. E la stessa postura di rivalsa contro i nemici ispira i programmi di governo laddove la destra prende il potere. Dagli sbarchi in porti lontani, al pugno securitario contro “la droga” (o i rave), i muri di confine, la sottrazione dei figli ai profughi e le ricompense a chi denuncia chi abortisce in Texas, l’abolizione dei redditi di cittadinanza e l’abrogazione di fatto del diritto di asilo - i programmi di governo conservatori sono in gran parte performativi, mirati alla base che reclama la “fine della pacchia” altrui (solitamente soggetti più deboli). Per citare il titolo di un libro di Adam Serwer, il punto è la crudeltà (Cruelty is the Point.)

 

Che si tratti di no-vax o no-tax, le questioni formulate come attacchi alla religione, la libertà e la patria sono, come dimostrato dalle insurrezioni brasiliane e americane, facilmente “militarizzabili” (weaponized). E la suggestione della violenza potenziale è parte integrante di un movimento che fa leva sulla sindrome paranoica dell’accerchiamento. Le agenzie di intelligence americane considerano ormai la violenza di destra la principale minaccia per la sicurezza nazionale. Molte formazioni paramilitari, come i Three Percenters, American Contingency Bogaloo Boys e Patriot Front, attingono dal complottismo di stampo Qanon. Poche settimane prima dell’assalto a Capitol Hill, invitato a condannare le milizie contigue al suo movimento, Trump aveva chiesto ai Proud Boys di “desistere ma tenersi pronti” (“stand back and stand by.”)

La retorica incendiaria del populismo reazionario e gli estremisti violenti hanno in comune anche la concezione “apocalittica” (promossa anche dalla forte componente integralista religiosa del movimento), quella di una battaglia finale per le sorti della stessa civiltà. Il manicheismo quasi biblico, che esclude ogni compromesso, spiega l’adozione di una strategia “accelerazionista,” tesa a provocare, mediante azioni terroriste, la guerra civile profetizzata che dovrà produrre la definitiva sconfitta della “sinistra.”

 

 

Attentati violenti

In questo ambito va inserita la recente ondata di attentati alla rete elettrica negli Stati uniti. Solo fra novembre e dicembre dello scorso anno, sono stati più di una ventina i misteriosi sabotaggi di centrali regionali di distribuzione di energia. Il 3 dicembre uno di questi ha messo fuori uso due sottostazioni nella provincia rurale di Moore County, in North Carolina, lasciando più di 40'000 utenti senza luce per diversi giorni. Il giorno di Natale, sull’altra costa, ignoti hanno distrutto cabine elettriche a colpi di fucile automatico in quattro sottostazioni rurali a Pierce County, nei pressi di Tacoma, Washington. Anche qui il danno è stato ingente e le riparazioni laboriose, riportando l’attenzione sulla vulnerabilità di una infrastruttura pressoché impossibile da difendere (anche se in alcune località sono state istallate speciali strutture corazzate pe difendere i trasformatori.) Il degrado dell’infrastruttura per seminare il caos ed innescare un conflitto armato interrazziale è da tempo teorizzato in manuali ed opuscoli suprematisti bianchi e neonazisti, una strategia ispirata ai Turner Diaries, un romanzo fantapolitico auto pubblicato nel 1978 dal nazionalista bianco William Luther Pierce, la cui trama immagina il medesimo scenario per realizzare il genocidio di ebrei e minoranze etniche e la fondazione di una nazione ariana americana.

 

Per quanto minoritarie possano essere le formazioni, astruse le loro motivazioni e implausibili le prospettive di successo, e per quanto da destra si denuncino regolarmente immaginarie violenze di Antifa e della “sinistra radicale,” negli ultimi cinque anni sono stati gli attentati di matrice MAGA a mietere vittime, facendo almeno 55 morti dal 2017. Da sparatorie a locali LGBTQ (Colorado Springs) a quelli contro Afro Americani (Buffalo) ed Ispanici (El Paso) e stragi in sinagoghe (Poway e Pittsburgh) è lecito constatare che una campagna di terrore a “bassa intensità” è già in atto. Più che miliziani, i responsabili risultano immancabilmente essere cani sciolti radicalizzati dalla propaganda ed incendiaria demagogia in onda 24 ore al giorno sui canali di destra che infiammano odio e rancore per convenienza politica.

 

A questa categoria di autoproclamati “patrioti” appartenevano gli uomini condannati per aver progettato il rapimento e l’assassinio della governatrice democratica del Michigan Gretchen Whitmer e l’uomo che lo scorso ottobre ha attaccato a martellate l’ottuagenario marito della Speaker democratica Nancy Pelosi. E vi appartengono le decine di migliaia di persone lanciate all’attacco della democrazia a Washington e Brasilia dalla menzogna sulla frode elettorale e dalla spuria e tossica mitopoietica sullo scontro di civiltà. Nel Congresso degli Stati Uniti siedono oggi centinai di deputati sostenitori dei “patrioti del 6 gennaio,” governi di destra – da Miami a Varsavia – incitano ed assecondano i fanatismi che in pochi anni sono divenuti la principale minaccia per la democrazia.

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