Emergenza climatica

Iniziativa per i ghiacciai, referendum e anziane in lotta

di Fabio Dozio

 

Intervista a Norma Bargetzi - Horisberger dell’associazione Anziane per il clima

 

 

 

 

 

Sarà un anno caldo per la politica climatica svizzera, mettiamo in agenda tre tappe: marzo, giugno, ottobre. Il 2023 sarà un’occasione per verificare fino a che punto la Confederazione “si impegna per la conservazione duratura delle basi naturali della vita”, così come prevede la Costituzione all’articolo 2. Infatti, come ben sappiamo, il riscaldamento climatico, l’inquinamento e le guerre non mettono in pericolo il pianeta, che avrà lunga durata, ma la vita dell’umanità, che potrebbe finir male.

 

Per quanto riguarda la politica ambientale, la Svizzera non fa bella figura. Le emissioni di CO2 sono fra le più importanti al mondo, come ha rivelato un recente studio della Mc Kinsey. Sul territorio elvetico si produce meno dello 0,1 % delle emissioni mondiali, ma considerando l’impatto dell’economia svizzera a livello globale (importazioni, esportazioni, piazza finanziaria internazionale, ecc.) la percentuale di emissioni di CO2 sale al 2-3%.

 

La legge sul CO2, che prevedeva interventi necessari contro il riscaldamento climatico, è stata bocciata dal popolo il 13 giugno 2021.

 

Per correggere il tiro è nata l’iniziativa “Per un clima sano (Iniziativa per i ghiacciai)” che chiede di annullare le emissioni di gas serra entro il 2050. Attualmente la maggioranza dei paesi, fra cui la Svizzera, sta seguendo una tendenza che finirà per provocare un riscaldamento di 3 o più gradi. L’iniziativa ha avuto successo e lo scorso ottobre il parlamento federale ha approvato un controprogetto indiretto, vale a dire una “Legge federale sugli obiettivi in materia di protezione del clima, l’innovazione e il rafforzamento della sicurezza energetica”. La nuova legge propone “la riduzione delle emissioni di gas serra, l’adattamento alle conseguenze del riscaldamento climatico e la protezione dai suoi effetti negativi. Si prefigge, inoltre, di orientare i flussi finanziari verso degli investimenti a basse emissioni di gas serra e resilienti ai cambiamenti climatici”. La legge prevede altresì la promozione dell’innovazione in ambito ambientale e la sostituzione degli impianti di riscaldamento, mirando all’efficienza energetica.

 

Destra agguerrita e negazionista

L’UDC, l’unione democratica di destra, ha adattato il suo cavallo di battaglia, sposando la xenofobia al rifiuto delle politiche ambientali. L’immigrazione incontrollata è responsabile della distruzione della natura, - afferma il partito - il nostro ambiente sta bene e bisogna opporsi alla mania di regolamentazioni e divieti. Una delle novità di quest’anno è che la Confederazione si trova un paladino di questa ideologia reazionaria al tavolo del governo. Albert Rösti, già lobbista al soldo dei commercianti di automobili e del petrolio, dirige il Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni (DATEC). Insomma, una volpe nel pollaio! “L’incubo per la politica climatica svizzera si è avverato ”con queste parole l’Ong ambientalista Climatestrike ha commentato la recente assegnazione del DATEC al “lobbista petrolifero Ölbert Rösti”.

 

Intanto l’UDC non ha perso tempo e ha già raccolto e consegnato le firme necessarie contro la nuova legge sulla protezione del clima, in sostanza contro la neutralità climatica entro il 2050. Il popolo sarà chiamato al voto, probabilmente nel giugno (18 giugno NdR) di quest’anno.

 

Dopo l’approvazione del controprogetto, l’iniziativa per i ghiacciai è stata ritirata, ma i promotori attendono l’esito del referendum: se la legge venisse affossata, si andrebbe al voto sull’iniziativa.

 

Sarà interessante vedere come si comporterà il neoministro Rösti, costretto a difendere la posizione del Consiglio federale e della maggioranza del parlamento, che sostengono la legge. Una cosa è certa: i vertici dell’UDC non potranno intonare i loro coretti contro il ministro dell’ambiente, come si dilettavano a fare con Simonetta Sommaruga.

 

Affossare il referendum UDC in giugno deve essere un obiettivo prioritario per tutti i cittadini che hanno a cuore la sostenibilità ambientale di questo paese.

 

Martin Vetterli, presidente del Politecnico di Losanna, spera che l’umanità si stia svegliando e mette in guardia, paragonando la questione climatica al fumo: “Gli effetti nocivi del fumo sulla salute erano noti da molto tempo. Eppure, a causa delle lobby e degli scienziati pagati per produrre rapporti falsi, nella popolazione vennero insinuati dei dubbi. Questo ha avuto un effetto tragico, in quanto ha rallentato di decenni la volontà di agire e la regolamentazione, ed è costato la vita a centinaia di milioni di persone”.

 

Più rossoverdi in Parlamento

Il secondo appuntamento rilevante e significativo sono le elezioni federali del 22 ottobre di quest’anno. Secondo la “NZZ am Sonntag” le organizzazioni mantello dell’economia e degli agricoltori hanno negoziato una partnership strategica per opporsi alle politiche del governo, considerate troppo socialiste ed ecologiche. L’obiettivo delle destre, che vanno a braccetto, è conquistare una solida maggioranza in parlamento. La sinistra rossoverde dovrà difendersi e cercare di incrementare il numero dei deputati. Obiettivo non facile: i sondaggi, finora, indicano una sinistra in perdita di velocità, dopo il successo dei verdi di quattro anni fa. Il rinnovo del parlamento federale in ottobre sarà un appuntamento politicamente determinante per il futuro del paese. Assieme alla questione ambientale, che non permette di perdere ulteriore tempo, ci saranno in gioco altri capitoli di rilievo: la sanità, le pensioni, il servizio pubblico.

 

Anziane per il clima

Il terzo appuntamento sarà il primo in ordine temporale. Dal 29 marzo, a Strasburgo, la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) discuterà il ricorso inoltrato dalle “Anziane per il clima”, donne che hanno più di 64 anni e che lottano contro l’immobilismo del governo elvetico in ambito di riscaldamento climatico. Anne Mahrer, ex consigliera nazionale dei Verdi, è fra le fondatrici del movimento che attualmente presiede. Se le vie classiche della democrazia rappresentativa non danno risultati, bisogna intraprendere nuove strade, come quelle delle denunce ai tribunali.

 

Chiediamo a Norma Bargetzi – Horisberger, psicologa, portavoce dell’Associazione in Ticino, come è nata Anziane per il clima Svizzera:

“L’Associazione nasce nel 2016 da un gruppo di donne in età AVS – con il sostegno di Greenpeace – con lo scopo di incentivare le misure di protezione per il clima. Chiede una revisione giudiziaria indipendente della politica climatica. L’obiettivo è che lo Stato adempia al suo dovere di protezione e persegua un obiettivo climatico che soddisfi il requisito di prevenire un’alterazione pericolosa del sistema climatico. Vengono richieste misure più complete e adeguate a questo obiettivo e una migliore attuazione delle misure già adottate. La Svizzera non ha fissato obiettivi climatici in linea con il diritto internazionale sul clima e con le migliori evidenze scientifiche disponibili. Non ha raggiunto l’obiettivo di ridurre le emissioni nazionali di gas serra del 20% entro il 2020. E con il no alla legge sul CO2 nel giugno 2021, la Svizzera non ha alcun obiettivo climatico nazionale oltre il 2021”.

 

Voi avete deciso di intraprendere un passo significativo denunciando la Confederazione svizzera.

“Poiché è molto probabile che un riscaldamento superiore a 1,5°C porti a una ‘pericolosa interferenza antropica con il sistema climatico’, la Confederazione viola la Costituzione federale sul principio di precauzione e diritto alla vita e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Noi Anziane per il clima Svizzera riteniamo inaccettabile il rischio che la Confederazione sta correndo non perseguendo l’obiettivo di 1,5 gradi. Il governo federale non sta adempiendo sufficientemente al suo dovere di proteggerci”.

 

Come mai avete scelto di coinvolgere solo le donne?

“È stato importante istituire un’associazione di donne anziane, perché rappresentiamo la fascia di popolazione particolarmente vulnerabile. In Svizzera non si possono fare delle ‘Class Action’, bisognava trovare un modo per avviare un’azione giudiziaria ed il mezzo era creare la nostra associazione per condurre noi l’azione legale. Per andare avanti in questa causa era necessario essere un gruppo di persone più esposte ai cambiamenti climatici, come lo sono le donne anziane. Abbiamo scelto la via legale perché quella politica non dava esiti. Noi Anziane per il clima facciamo causa alla Svizzera perché il nostro Stato sta facendo troppo poco per combattere il cambiamento climatico e quindi sta violando i nostri diritti costituzionali. Ancora una volta noi donne della cosiddetta “generazione baby-boomer” ci mobilitiamo perché tanto di quanto ci sta a cuore è in grave pericolo!”.

 

Prima di arrivare alla Corte Europea siete passate dai Tribunali svizzeri, ma senza successo

“Siamo arrivate alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) dopo che la nostra causa è stata respinta dalle diverse istanze federali: tenaci, perseveranti ma soprattutto convinte dell’importanza del nostro impegno siamo andate oltre le istanze federali. Altri casi ci confermavano nel nostro intento: oltre al nostro, sono attualmente pendenti presso la Corte europea dei diritti dell’uomo altri quattro casi relativi al clima, secondo i dati aggiornati all’estate scorsa. Uno dal Portogallo (Duarte Agostinho e altri contro 33 Stati, compresa la Svizzera), uno dalla Norvegia, uno dall’Austria e uno dalla Francia. L’invio della causa a Strasburgo è a nostro avviso un’occasione unica: per la prima volta la CEDU dovrà pronunciarsi in merito al diritto alla salute nel contesto del surriscaldamento climatico. Se la Corte dovesse costatare una violazione dei diritti umani, ciò avrebbe un impatto non solo sulla Svizzera ma sul territorio di tutti gli Stati del Consiglio d’Europa. La nostra causa potrebbe fare storia nel campo del diritto climatico. La CEDU ha dato priorità alla nostra causa sottoponendo il nostro caso alla Grande Camera preposta per i casi giudiziari che sollevano questioni importanti sull’interpretazione o l’applicazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”.

 

L’udienza è prevista a partire dal 29 marzo prossimo. Se la CEDU vi darà ragione sarà una vittoria esemplare con un impatto politico notevole. Se invece non accetta il ricorso cosa farete?

“Una sentenza a favore della nostra causa è il nostro obiettivo prioritario. Ma indipendentemente dall’esito dell’udienza il nostro impegno per la salvaguardia del clima proseguirà anche dopo la sentenza della CEDU, così come abbiamo fatto finora: con un lavoro di sensibilizzazione al tema ed una presenza attiva negli ambiti più disparati”.

 

No al dogma della crescita

Le nonne di Greta Thunberg non mollano e sono motivate a continuare la loro lotta, in nome degli anziani più vulnerabili e per un futuro migliore per le giovani generazioni.

Ci vorrà tempo perché la CEDU giunga a un verdetto sul ricorso delle Anziane per il clima.

 

La copresidente svizzera Anne Mahrer è fiduciosa e afferma che la Corte sembra prendere sempre più sul serio la relazione tra la protezione del clima e i diritti umani. Rivolgersi ai tribunali e in particolare alla Corte Europea dei diritti dell’uomo si configura così come uno strumento di democrazia diretta. Una possibilità per i cittadini di ottenere vittorie politicamente determinanti, utilizzando strumenti che non sono quelli parlamentari.

 

Il riscaldamento climatico non è riducibile a un tema di politica ambientale. Deve mettere in discussione il sistema economico, come suggerisce Julia Steinberger, professoressa all’università di Losanna, che ritiene non più accettabile il DNA del capitalismo che prevede “sempre di più”: “Il Gruppo Intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) non parla più di transizione, ma di trasformazione radicale di tutte le strutture economiche, sociali, energetiche, per ridurre le emissioni di CO2. Secondo me, la dipendenza del capitalismo al dogma della crescita è un ostacolo alla decarbonizzazione. Bisognerebbe trasformare le nostre società in economie del benessere umano piuttosto che dell’accumulazione dei profitti”.

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