Lugano: non ci resta che il piano B?

Intervista a Stefano Lucarelli

di Francesco Bonsaver

 

Un anno fa, il 3 marzo 2022 per la precisione, il municipio luganese ha firmato con Tether (società che lavora nel settore delle criptovalute) un accordo di collaborazione che porterà Lugano a diventare una delle prime città al mondo in grado di adottare un sistema completo di pagamento in criptovaluta, nonché centro di eccellenza per startup innovative del settore.

Queste le ambizioni date dallo sprizzante ottimismo del sindaco leghista Michele Foletti, si contrappone lo scetticismo globale di avventurare la collettività pubblica nel turbolento mondo delle criptovalute. Non pago, il municipio luganese ha stretto accordi da politica estera con il San Salvador, paese in cui il giovane presidente Nayib Bukele ha avviato un esperimento del Bitcoin nella minuscola e poverissima nazione centroamericana, ad oggi economicamente fallimentare. Il recente arresto del ex bambino prodigio della finanza crypto Sam Bankman-Fried a causa della bancarotta di Ftx con un buco di oltre 9 miliardi di dollari, non ha aiutato a rasserenare gli animi sulla scelta di Lugano di investire nel piano B, da Bitcoin. Per aiutare a capire come funzioni questo mondo per lo più criptico ai normali cittadini e gli eventuali rischi connessi all’operazione per l’ente pubblico, abbiamo intervistato Stefano Luccarelli, professore di politica economica all’Università di Bergamo, esperto di teoria monetaria, comprese quelle innovative come il Bitcoin.

 

 

Il mondo delle criptovalute è divisivo. C’è chi lo enfatizza definendolo come il sistema monetario che ci libererà dal controllo delle banche e dagli Stati, mentre altri lo dipingono come il mondo oscuro senza regole dietro il quale si celano gli speculatori più avidi e dove la criminalità organizzata si muove impunemente. Qual è la verità?

Ha perfettamente ragione: il mondo delle criptovalute è divisivo. Lo è – si potrebbe dire – “per costruzione”. Non dobbiamo infatti dimenticare che la sua origine consiste in un esperimento sociale per la costruzione di nuovi poteri costituenti, cioè con la possibilità per molte persone di sperimentare nuove sovranità costituenti. L’invenzione delle criptovalute apre ad una serie di possibilità. C’è il mondo oscuro senza regole della speculazione, c’è la possibilità di favorire le transazioni della criminalità organizzata e ci sono anche sperimentazioni su circuiti locali che ambiscono a perseguire una forma più equa di distribuzione dei redditi. Le Autorità Monetarie hanno inizialmente sottovalutato la rilevanza delle criptovalute, nonostante la crescente diffusione che le caratterizzava. Soprattutto a partire dal 2018, il problema dell’eventuale instabilità che questi strumenti potevano trasmettere al mercato finanziario ha assunto uno spazio maggiore nelle documentazioni ufficiali dedicate alla politica monetaria. I regolatori segnalano tre problemi principali:

 

1. l’estrema volatilità delle quotazioni;

2. i ricorrenti episodi di crisi di operatori e schemi della specie, dovuti a truffe, a incidenti informatici o a difetti di fondo, che hanno comportato anche di recente ingenti perdite per i soggetti coinvolti;

3. la forte opacità degli scambi e degli assetti proprietari di gran parte di questi schemi.

 

Tuttavia, nel frattempo, è proprio grazie alle tecnologie sviluppate dalle diverse community che hanno contribuito alla diffusione di diverse criptovalute che le stesse Banche Centrali hanno cominciato ad immaginare delle Central Bank Digital Currencies (CDBC). L’aggancio di una criptovaluta ad un paniere di asset (cosa che caratterizza le così dette stablecoins) dovrebbe garantire, una certa stabilità di valore alla stessa criptovaluta. Le Banche Centrali e le autorità di regolazione si sono particolarmente interessate a questo aspetto. Come hanno sottolineato Massimo Amato e Alessandro Bonetti, le CBDC permettono di rafforzare alcune funzioni della moneta disincentivandone altre. A tal riguardo il direttore generale della divisione “Infrastrutture di mercato e pagamenti” della Banca Centrale Europea, Ulrich Bindseil ha proposto un sistema a due livelli: nel primo si potrebbero detenere CBDC fino a un tetto massimo, con un tasso di interesse relativamente attraente; nel secondo livello, superato il tetto massimo, scatterebbe una sorta di demurrage, un tasso di interesse negativo, per scoraggiare l’utilizzo di CBDC come riserva di valore”.

 

Lugano, terza piazza finanziaria elvetica, ha costruito il suo benessere sui capitali provenienti dall’Italia, soprattutto frutto di evasione fiscale. Caduto il segreto bancario, ora punta sul mondo delle criptovalute con il Piano B promosso dal Municipio, siglando patti con la società Tether e il paese centro americano San Salvador. Al di là delle questioni etiche, quali rischi o opportunità incorre l’autorità pubblica luganese nello stringere relazioni di questo genere?

Non si può certo escludere che la piazza finanziaria elvetica, in questo modo, faccia rientrare dalla finestra ciò che è stato cacciato dalla porta dopo l’addio formale al segreto bancario. Un addio, tra parentesi, che lascia comunque ancora molti dubbi sul modello di sorveglianza svizzero, dal momento che l’autorità federale di vigilanza può avvertire le banche dei rischi che corrono, ma la decisione di accettare o meno un cliente spetta alla banca stessa. Circa Tether: occorre ricordare che si tratta di è una stablecoin. L’obiettivo delle stablecoins è ridurre l’elevata fluttuazione dei prezzi delle criptovalute. Per raggiungere questo obiettivo Tether è ancorata sostanzialmente al dollaro statunitense (sebbene rientrino anche altri asset nel sottostante che ne garantisce il valore). Utilizza la stessa blockchain di Bitcoin e un sistema di transazione che si chiama Omni, un portafoglio di criptovalute autosufficiente in cui l’utente ha il pieno controllo dei propri fondi. Questo – secondo i suoi sostenitori – aggiungerebbe un livello di sicurezza che i servizi centralizzati non possono fornire. Circa i rischi: Tether ha sede nelle Isole Vergini Britanniche, non pubblica bilanci certificati, per cui mostra pubblicamente un quadro incompleto della salute finanziaria della società. Inoltre la società Tether Limited, nel corso della sua esistenza, ha cambiato frequentemente partner bancari ed è spesso passata da una giurisdizione normativa all’altra.

 

L’accettare pagamenti di tasse o servizi pubblici in cripto valute, espone le finanze pubbliche a dei rischi?

Dipende da come è fatta la criptovaluta che si accetta e dipende soprattutto dalle relazioni che si possono sviluppare fra autorità locali e piattaforme. Ipotizziamo di costruire un sistema di circolazione che consenta anche il pagamento di tasse e servizi pubblici in stablecoins. La stablecoin utilizzata in un circuito del genere dovrebbe raggiungere alcuni standard in termini di trasparenza della società che la gestisce. Da ciò soprattutto dipendono i rischi che altrimenti ricadrebbero sulla finanza pubblica. Inoltre, occorre scegliere ed implementare un modello a seconda che si voglia o meno preservare una rete decentralizzata che gestisca il valore dell’asset sottostante. Qui vedo un problema politico non banale. Non sono però contrario ad una sperimentazione in tal senso. Tuttavia, un circuito monetario di questo tipo dovrebbe essere ben costruito e soprattutto soggetto ad una valutazione degli effetti su un arco temporale significativo.

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