Liberalizzazione del Mercato Elettrico, danni collaterali sempre più importanti

di Bruno Storni, consigliere nazionale

 

Tutto parte dagli anni 80 quando in Gran Bretagna la signora Thatcher emulando l’analogo USA Ronald Reagan, dà il via a spinte liberiste in vari settori dei servizi pubblici.

Liberalizzazioni riprese dalla Comunità Europea nel 1996 per il mercato elettrico con la Direttiva 96/92 entrata in vigore nel 1997. Direttiva che i Paesi dell’UE dovevano implementare entro 3 anni e che prevedeva che il consumatore possa scegliere liberamente il fornitore di energia elettrica e per questo le reti di distribuzione andavano messe a disposizione a pagamento per trasportare e distribuire energia da altri fornitori. L’Inghilterra aveva aperto il mercato nel 1989.

 

 

Liberalizzazione CH primo tentativo

Anche la Svizzera, spinta dalle grandi aziende elettriche (a parte Atel tutte le altre al 100% di proprietà dei Cantoni) in odore di affari da commercio di elettricità nel mercato continentale, decise di accodarsi alla liberalizzazione avviata in Europa.

 

Così nel 1999 il Consiglio Federale presenta la Legge sul Mercato dell’energia elettrica (LMEE) che prevedeva la liberalizzazione a tappe, dapprima i grandissimi consumatori da almeno 20 GWh (circa 100 imprese) poi dopo 3 anni quelli sopra i 10 GWh e dopo 6 anni tutti. Si vendeva la liberalizzazione come la panacea per ridurre i costi per i consumatori.

 

Legge approvata dalle Camere ma poi respinta dal popolo che poté esprimersi grazie al referendum di Sindacati e parte della Sinistra nel 2002.

 

 

Il caso Migros vs EEF

Poi nel 2003 la decisione del Tribunale federale che dà ragione a Migros che aveva ricorso contro le Entreprises Electriques Fribourgeoises (EEF) pretendendo di non dover acquistare l’energia alle EEF ma a chi le pareva e chiedeva l’accesso al mercato; sentenza del Tribunale Federale che di fatto decretava l’apertura del mercato in Svizzera.

 

Sempre nel 2003 il blackout in Italia per via del pino sotto il filo della linea alta tensione nei Grigioni e la decisione dell’UE di procedere alla completa liberalizzazione del mercato elettrico nel 2007.

 

 

Liberalizzazione CH secondo tentativo

Decisioni e situazioni che offrono l’opportunità al Consiglio Federale a ripresentare a fine 2004 una nuova base legale per la liberalizzazione tramite la Legge Federale sull’Approvvigionamento Elettrico (LAEl) che viene approvata dalle Camere nel 2007, non ci fu referendum e la Legge entrò in vigore nel 2009.

 

 

La Migros ha di fatto messo tutti sul fatto compiuto, al legislatore non rimase che conformarsi.

La nuova legge prevedeva una liberalizzazione in due fasi: nei primi cinque anni (2009-2013) hanno libero accesso al mercato i grandi consumatori con un consumo annuo superiore a 100 MWh.

 

Dopo cinque anni tramite decreto federale soggetto a referendum facoltativo, anche le economie domestiche e gli altri piccoli consumatori potranno scegliere liberamente li loro fornitore di energia elettrica.

 

Si decise anche che la rete ad altissima tensione venga gestita da una società nazionale di rete (Swissgrid) con partecipazione di maggioranza svizzera. Fino allora le linee alta tensione erano di proprietà delle grandi aziende di produzione.

 

Questo fu il solo effetto positivo della liberalizzazione, con tutte le linee alta tensione sotto un solo proprietario si riuscì a risparmiare diversi miliardi sui progetti di potenziamento che le singole aziende avevano progettato in concorrenza l’una con l’altra. A bilancio gli impianti furono rivalutati con conseguenti costi ai consumatori.

 

 

La compensazione ecologica

Per mandar giù la pillola della liberalizzazione assieme alla Legge sull’Approvvigionamento Elettrico, con la revisione della Legge sull’Energia è stato approvato anche un pacchetto di misure per la promozione delle energie rinnovabili e dell’efficienza nel settore elettrico.

 

Occorre dire che il nuovo rinnovabile non avrebbe avuto alcuna chance in un mercato liberalizzato che prevedeva una diminuzione dei prezzi che rendevano il rinnovabile ancor meno competitivo.

 

L’elemento fondamentale era l’introduzione della rimunerazione a copertura dei costi d’investimento per l’immissione in rete di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili la famosa RIC.

 

La revisione della Legge sull’Energia prevedeva che la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili doveva essere incrementata di almeno 5,4 TWh entro il 2030 circa il 10% del consumo di elettricità di allora. Per la cronaca con la Strategia energetica votata nel 2017 l’obiettivo è salito a 11.4 TWh, attualmente le Camere discutono l’aggiornamento, il CF propone 17 TWh ma il Consiglio degli Stati ha corretto a 35 TWh, intanto nel 2022 avevamo superato i 5.4 TWh previsti nel 2009 per il 2030.

 

 

Il primo danno collaterale

Per poter permettere la vendita dell’energia elettrica a società diverse dal distributore locale che possiede la rete di distribuzione si definì una fatturazione separata dell’energia e del trasporto per il quale si dovettero definire i valori degli impianti di distribuzione, valore da moltiplicare ad un interesse calcolatorio il costo medio ponderato del capitale o WACC definito annualmente dalla Confederazione (DATEC).

 

Grazie a questo nuovo calcolo i consumatori passarono alla cassa tramite la nuova Tassa utilizzazione rete piuttosto salata in quanto per definire il valore degli impianti della rete di distribuzione si considerò il valore a nuovo sebbene gli impianti fossero già in buona parte ammortizzati e quindi già pagati dai consumatori.

 

Un bel regalo alle aziende di distribuzione che adesso sulle reti realizzano un reddito del 6.9% sul capitale proprio.

Un importante margine che produce utili e dividendi ai Comuni proprietari. Un margine che anche il sorvegliante dei prezzi giudica eccessivo.

 

Un mio postulato al Consiglio Federale per chiedere una riduzione del WACC per permettere una diminuzione delle tariffe per l’utilizzazione della rete e compensare almeno parzialmente la stangata sul costo dell’energia che avremo nel 2023 è stato bocciato dal CF1).

 

 

Ma chi controlla?

Bisogna dire che il nuovo mercato liberalizzato dovrebbe essere controllato da Elcom un organo istituito con la LAEl il cui compito sarebbe di verificare le tariffe dei distributori e di Swissgrid.

 

Ho provato a più riprese a chiarire la situazione ma le risposte del CF erano tra il mena via il non sappiamo, poi rivolgendomi poi direttamente a Elcom la risposta è stata “non abbiamo le risorse per controllare tutte le aziende”.

 

Che sul valore delle reti di distribuzione si è largheggiato l’abbiamo visto in Ticino. In preparazione alla liberalizzazione AIL diventando AIL SA rivalutò gli impianti che a bilancio nei conti della città figuravano come valore residuo dopo ammortamenti.

 

Rivalutazione che aumenta gli attivi (da nuove azioni AIL) per 200 mio con conseguenti imposte su plusvalore e susseguenti pagamenti di dividendi alla Città.

 

Anche AMB ha cambiato ma più recentemente come azienda multiservizi rivalutando gli impianti a 100 mio e pagando 5 milioni di imposte.

 

Rivalutazioni che hanno appesantito il costo per l’utilizzazione della rete ai consumatori e generano utili per i proprietari, cioè i Comuni, in altre parole vuol dire tassare il consumo di energia elettrica, di fatto un IVA comunale sull’elettricità che contribuisce a tenere basso il moltiplicatore d’imposta comunale a scapito dei meno abbienti.

 

Un’interpretazione molto creativa della liberalizzazione sicuramente non nell’interesse dei consumatori.

 

 

Il secondo danno collaterale

Ma la liberalizzazione ha avuto un altro effetto deleterio. Le aziende di distribuzione di regola Comunali visti i quantitativi di elettricità che acquistano e distribuiscono, con la liberalizzazione possono accedere al libero mercato, cosa non hanno esitato a fare voltando le spalle all’AET che per legge doveva garantire l’approvvigionamento di energia elettrica al Cantone e aveva acquistato, man mano che il fabbisogno cantonale cresceva, diverse partecipazioni idroelettriche svizzere o nucleari a prezzi impegnativi a lungo termine definiti ben prima della liberalizzazione.

 

AET improvvisamente si trovò a dover concorrenziare con l’energia da carbone che una decina di anni fa era scesa ai minimi storici in Germania. Risultato: AET andò in perdita per diversi anni.

 

 

Nessun beneficio per i consumatori vincolati

Ma i piccoli consumatori, cosiddetti vincolati, cioè obbligati ad acquistare alle aziende di distribuzione locali che attingevano all’elettricità da carbone low cost non hanno mia visto una diminuzione delle tariffe, anzi… È probabile, come anche segnalato da Elcom, che le tariffe rimaste elevate ai vincolati, hanno contribuito a finanziare le basse tariffe per i grandi consumatori che le aziende elettriche locali rischiavano di perdere alla concorrenza.

 

Occorre dire che se la liberalizzazione in Svizzera entro in vigore nel 2009 l’accesso al mercato Europeo iniziò a far gola alle grandi aziende elettriche svizzere già nella fase preparatoria dell’UE, le quali, per essere più competitive fusionarono. Nel 2001, da NOK, EGL, CKW nacque AXPO che lo scorso anno ha commerciato per 80 miliardi in Europa e che ha investito prima nelle centrali a gas e carbone poi nel rinnovabile in Europa, ma che ha dovuto essere salvata dal Consiglio Federale con un credito garanzia da 4 miliardi, idem per Alpiq fusione ATEL con EOS.

 

 

L’ultimo danno collaterale

Ma l’ultimo o più recente danno venuto alla luce da questa liberalizzazione del mercato elettrico è il prezzo di 75 cts/ kWh che i proprietari degli impianti idroelettrici ad accumulazione del nostro Paese che ricordo producono per 4-5 cts/kWh (media pluriennale), otterranno mettendo a disposizione una riserva di energia idroelettrica di circa 500 GWh. Riserva voluta dal Consiglio Federale per arrivare a fine inverno con una riserva d’acqua da turbinare nei nostri bacini. Costo circa 300 mio Fr. che pagheremo tutti sulle bollette nel 2024. Asta per la riserva completamente fuori luogo Personalmente trovo fuori luogo, non la riserva, ma il fatto di dover pagare una seconda volta 500 GWh cioè il 5,7% degli 8800 GWh che abbiamo a disposizione negli oltre 50 bacini che le Aziende elettriche hanno costruito nel secolo scorso e che da allora abbiamo regolarmente pagato e ammortizzato con le fatture dell’elettricità 2).

 

Quella che viene oggi definita riserva di energia idroelettrica è un costoso cerotto per riparare uno dei diversi danni che la liberalizzazione del mercato elettrico in Svizzera ha procurato 3).

 

La riserva strategica di energia era stata inserita nella LAEl presentata alle Camere a giugno 2021, prima quindi del dimezzamento per inaffidabilità del nucleare francese e della guerra in Ucraina con le sanzioni che hanno fatto salire alle stelle il prezzo del gas e di conseguenza dell’elettricità.

 

Prezzi altissimi e potenziale scarsità di energia elettrica a fine inverno che hanno costretto il Consiglio Federale ad implementare d’urgenza la Riserva strategica prevista nella Legge e diventata Ordinanza sulla costituzione di una riserva di energia idroelettrica adottata a settembre 2021.

 

Ma oltre all’asta per la riserva di energia idroelettrica costata 300 mio, il Consiglio Federale ha speso 480 mio per 8 generatori a olio o gas acquistati e installati d’urgenza a Birr, due altri in Vallese e Neuchatel e l’affitto di generatori di soccorso aziendali, in tutto quasi un miliardo che ci verrà fatturato nel 2024 sulla bolletta dell’energia elettrica sotto la voce Swissgrid “riserva di energia elettrica” a 1.2 cts/kWh.

 

 

Dalla Thatcher ai warm hub

Per concludere quello che veniva decantato come il grande beneficio della liberalizzazione, la diminuzione del costo dell’energia per tutti, di fatto per i consumatori vincolati si è materializzato al contrario. Il prezzo dell’energia elettrica è regolarmente aumentato malgrado la produzione e la distribuzione dell’elettricità in Svizzera avviene con impianti e infrastrutture praticamente i medesimi di prima della liberalizzazione. Unica ma grande differenza l’energia elettrica è diventata in prodotto finanziario da speculazioni di borsa.

 

Il market design del grande libero mercato europeo dell’elettricità, ha fallito completamente al punto che anche a Bruxelles cercano rimedi, ma i buoi sono ormai fuori dalla stalla. In

 

Inghilterra dove grazie alla Signora Thatcher tutto prese avvio 30 anni fa, lo scorso inverno i più poveri non avevano più i mezzi per pagare le astronomiche bollette del gas e dell’elettricità per riscaldare la propria casa e hanno passato parte delle giornate invernali in uno dei 13’000 warm hub i locali comunitari riscaldati predisposti da associazioni caritatevoli.

 

 

 

1. Mozione 22.4025 Verificare il costo medio ponderato del capitale che determina le tariffe utilizzazione della rete elettrica secondo le raccomandazioni della perizia IFBC 2021.

2. Idroelettrico ticinese? Cippilimerli! www.naufraghi.ch

3. Mozione 22.4589 Modifica della legge sull’approvvigionamento economico del paese per includere l’obbligo della riserva di energia elettrica per gli impianti idroelettrici ad accumulazione.

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