Cambiamento climatico: le prove dallo spazio

di Bruno Storni, Consigliere Nazionale PS

 

Negazionisti e altri fakeproduttori insistono a criticare e banalizzare il rapido cambiamento climatico argomentando con esempi di ondate di freddo negli ultimi anni o canicole di 50 anni fa.

Diciamo subito che quando si parla di riscaldamento globale ci si riferisce appunto alla temperatura media del globo che non è omogenea ma varia fortemente per latitudine e stagione.

 

A conferma dell’evoluzione del riscaldamento globale e delle sue conseguenze disponiamo di parametri fisici della Terra misurabili e misurati come il livello dei mari, estensione e volume dei ghiacci, temperature al suolo e dell’atmosfera.

 

Disponiamo di una rete di strumenti di misura al suolo che ha registrato dati di lungo periodo, da diversi decenni abbiamo misurazioni fatte dallo spazio grazie a satelliti.

 

Che l’osservazione della Terra e dell’atmosfera terrestre su scala globale possa essere fatta con successo dallo spazio l’abbiamo sperimentato con il satellite Nimbus 7 della NASA i cui strumenti rilevarono l’assottigliamento/ erosione dello strato di ozono stratosferico nel 1978.

 

Infatti Nimbus 7, produsse la prova o meglio la conferma degli effetti nefasti dei gas clorofluorocarburi CFC (quelli allora in uso nelle bombolette spray o nei frigoriferi) sullo strato d’ozono stratosferico che ci protegge dai raggi ultravioletti solari. Strato che ha permesso lo sviluppo della vita sulla Terra e che stavamo poco a poco distruggendo.

 

L’immagine del buco nello strato d’ozono prodotta dalle misurazioni fatte da Nimbus 7 sopra l’Antartico aveva condotto al protocollo di Montreal nel 1984 e al bando dei CFC, chiudendo tutte le discussioni avviate dai ricercatori Rowland e Molina che nel 1974 avevano previsto a livello teorico i nefasti effetti sull’ozono stratosferico dei CFC ritenuti fino allora completamente innocui per l’uomo e l’ambiente.

 

Che l’assottigliamento fosse stato rilevato solo durante l’inverno sopra l’Antartide e non in modo omogeneo e duraturo su tutto lo strato d’ozono attorno alla Terra è in fondo molto simile ai fenomeni estremi indotti dal riscaldamento globale sul clima che non si manifesta solo con un aumento graduale e duraturo e omogeneo su tutta la Terra ma in forti irregolari mutamenti locali e su periodi di tempo limitati come la canicola e siccità che abbiamo vissuto da noi lo scorso anno o l’ondata di freddo eccezionale due anni fa in Texas 2021 e le estreme alluvioni in Germania dello scorso anno fino alle recenti grandinate in Padania con chicchi da 1.5 kg.

 

Il cambiamento climatico che stiamo provocando con le immissioni di CO2 e altri gas a effetto serra è rapido, in un secolo un aumento di circa 1 grado quando dall’ultima glaciazione 20’000 anni fa la temperatura media terrestre è scesa di 5 gradi (ordini di grandezza) quindi una variazione nel tempo 50 volte inferiore a quanto abbiamo registrato nell’ultimo secolo.

 

Oltre ai fenomeni estremi che ci sono sempre stati ma la cui intensità e frequenza sta crescendo notevolmente, osserviamo il cambiamento climatico tramite satelliti che raccolgono giornalmente dati non omogenei nelle diverse parti della Terra e ci mostrano l’evoluzione media globale della temperatura, il livello dei mari, la variazione dell’estensione della calotta polare o l’altezza del ghiaccio e relativi volumi in Groenlandia o sull’Antartico.

 

Sono misurazioni di alta precisione che ci permettono ad esempio di calcolare il bilancio dell’acqua che a dipendenza della stagione e altri fenomeni naturali varia ma che finalmente su medie globali dimostra cambiamenti duratori dovuti all’aumento della temperatura globale.

 

Per tornare all’ozono stratosferico e a Molina e Rowland che avevano predetto i danni del CFC allo strato d’ozono, ignorati dalla politica fino alla prova di Nimbus 7, va detto che prima di pubblicare il danno all’ozono rilevato da Nimbus 7 anche la NASA dapprima non credette alle misurazioni del satellite ipotizzando fosse un errore del rilevatore dovuto alle temperate estremamente basse sopra l’Antartico d’inverno, temperature che potevano influire sul corretto funzionamento dell’elettronica.

 

Solo dopo qualche tempo la NASA prese per buone le misurazioni e pubblico l’informazione sul buco nello strato d’ozono e la politica finalmente dovette credere ai ricercatori.

 

Intanto dopo la messa al bando progressiva dei gas CFC che rimangono nell’atmosfera per 40 a 150 anni il ciclico buco dell’ozono ha iniziato a chiudersi ma non linearmente a volte è più grande dell’anno precedente; un’altra dimostrazione che gli effetti sull’atmosfera delle immissioni antropiche non sono facilmente modellabili nel dettaglio, cosa che vediamo con le immissioni di gas serra che generano effetti diversificati e irregolari.

 

Come per il caso dell’ozono stratosferico, la politica ha a lungo ignorato le tesi scientifiche e solo adesso che il cambiamento climatico è misurabile si inizia ad agire.

Chiaramente non convinceremo i negazionisti.

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