Werner con la politica come passione

di Franco Cavalli

 

Molto è stato detto e scritto da quando l’ultimo 7 di novembre, alla vigilia di compiere 87 anni, è scomparso Werner Carobbio. E quindi abbastanza difficile non ripetersi, ma credo che da parte del ForumAlternativo e mia in particolare un ulteriore ricordo sia dovuto. 

Questo perché Werner, con la sua presenza ed il suo indefesso impegno, ha profondamente marcato la storia del socialismo ticinese negli ultimi 60 anni.

 

Non c’è dubbio che per lui la politica fosse una passione totalizzante, che influenzava in modo determinante anche la vita privata. Un atteggiamento che oggi “non è più di moda”, quando l’azione politica viene spesso vista come un optional. Mi è capitato di sentir dire a candidati al Consiglio di Stato o al Parlamento Federale “se non sono eletto, mi ritiro dalla politica”: una simile affermazione a Werner (ma anche al sottoscritto) non poteva che suonare come una bestemmia. È stata questa sua passione, assieme ad una tenacia ed ad un impegno senza sosta, a farlo amare dal popolo socialista, che riconosceva in lui il prototipo del capo popolo. Un capo popolo però di alta caratura intellettuale, che aveva letto e digerito buona parte dei classici. Basta ricordarsi delle sue relazioni introduttive, che spesso potevano durare anche due ore, ai congressi del PSA per rendersene conto.

 

Ma Werner era popolare proprio perché era tutto il contrario di un radical chic. Non solo guidava il partito, ma si occupava anche delle finanze e di tutti gli aspetti organizzativi e spesso alla fine delle serate era lui che faceva ordine nelle sale.

 

Werner aveva una concezione molto alta, quasi totalizzante e in fondo un po’ “leninista” del partito. Basta ricordarsi dell’episodio, che aveva allora fatto tanto parlare, della sua prima elezione al Consiglio Nazionale nel 1975. Ad essere stato eletto in realtà era Pietro Martinelli, Werner arrivò secondo. Il comitato cantonale, in una storica seduta notturna, decise però che Pietro doveva dimissionare per lasciar il posto a Werner. Al di là delle possibili aspirazioni personali, era allora evidente che il corpo del partito voleva Werner e a decidere doveva quindi essere il partito e non gli elettori. Da qui anche il continuo e quasi spasmodico impegno di Werner per “tenere assieme il partito”, ruolo molto evidente durante la fase PSA, nel quale coesistevano una serie di anime diverse, ma anche più tardi dopo il rientro nel PS ticinese. Sia nella fase finale del PSA, che poi nel PS egli fu l’ago della bilancia nel continuo dibattito tra l’ala “destra” guidata da Pietro Martinelli e la cosiddetta “area critica” che io gestivo.

 

Un’altra caratteristica di Werner, che è stata poco sottolineata in queste settimane, era il suo saper sempre ritornare a quelli che erano gli aspetti fondamentali, molto spesso materiali, dei problemi. Note erano le sue regolari uscite nei dibattiti radiotelevisivi, quando nel bel mezzo di tante elucubrazioni, ad un dato momento usava dire “ma i problemi veri sono ben altri” e giù a parlare di salari, dell’aumento degli affitti, dell’insufficienza dell’AVS, di imbrogli delle casse pensioni, ecc. ecc. Per far capire questo suo modo di dibattere a coloro, che essendo più giovani non hanno avuto la possibilità di seguirlo, lo paragonerei a Bersani che usa spesso la stessa tattica quando appare nei talk show sui canali televisivi italiani.

 

Per concludere mi pare giusto, al di là di qualche debolezza e di qualche compromesso di troppo, riprendere quanto ha scritto su Werner nella sua nota stampa il MPS: “la sua storia, la sua militanza, la sua azione politica sono da iscrivere a pieno titolo nella migliore tradizione della lotta per il socialismo”.

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