di Agnese Zucca, membro del comitato dell’Iniziativa per la Democrazia
È notizia "recente" che l’UDC ha lanciato una nuova iniziativa popolare per frenare l’immigrazione. La proposta dei democentristi chiede di contenere la crescita della popolazione nel Paese sotto i 10 milioni di abitanti entro il 2050.
In pratica, ciò implica introdurre ulteriori limitazioni all’immigrazione. Nessuna sorpresa. D’altronde, questa è l’ultima di una serie di iniziative lanciate dall’UDC negli ultimi anni che, in un modo o nell’altro, prendono di mira persone con un presente o un passato migratorio. Da Schwarzenbach in poi, la popolazione svizzera è stata chiamata alle urne dodici volte per esprimersi in merito a iniziative volte a limitare l’immigrazione e il cosiddetto inforestierimento1.
Con tutta probabilità, ci verrà chiesto di esprimerci ancora una volta al riguardo. E ancora una volta dibatteremo su che cosa sia la Svizzera, su chi sia Svizzero, sulla forma che ha preso la nostra società e su quella che dovrebbe prendere. Ancora una volta, ci batteremo per rifiutare una narrativa sciovinista, spesso razzista, e sicuramente non più al passo con i tempi.
Questa opposizione è indubbiamente importante, ma è anche parte del problema. Di cittadinanza e immigrazione in Svizzera non si dovrebbe parlare solo in reazione alle proposte politiche della destra populista.
Viviamo in un Paese in cui più di un terzo della popolazione ha un passato migratorio. In Ticino, addirittura la metà. Sono invece due milioni – un quarto della popolazione – gli individui che qui vivono, amano e lavorano, ma sono esclusi dalla piena partecipazione politica e sociale perché non possiedono il passaporto svizzero. E se ottenerlo per qualcuno è quasi un automatismo, per altri il percorso è più simile ad un’estenuante corsa ad ostacoli.
Servono dieci anni di soggiorno nel Paese, un permesso C e provare di essersi familiarizzati con le condizioni di vita svizzere. Non è concesso essere poveri, o diventarlo. Nel nostro Cantone è necessario dimostrare di non aver percepito aiuti sociali negli ultimi dieci anni, oppure di averli restituiti integralmente. Non è inoltre consentito sbagliare. Neppure di poco. Nemmeno da giovani. Qualche mese fa, è stata negata la naturalizzazione a un quindicenne del Canton Argovia, colpevole di aver truccato il suo motorino. Sarebbe inoltre meglio non spostarsi. In Ticino sono richiesti cinque anni di residenza nel Cantone e tre nello stesso comune. Per chi non possiede la cittadinanza, dunque, trasferire il domicilio da Lugano a Zurigo durante gli studi è una scelta che ha un altro peso. Ma lo è anche trasferirsi da Airolo a Chiasso, o da Massagno a Lugano. Significa, in un certo senso, dover ripartire (quasi) da zero.
Quel che più è paradossale di questo sistema, però, è che regole, costi e procedure non sono le stesse dappertutto in Svizzera. E se è vero che viviamo in uno stato federale, è anche vero che quel passaporto con croce bianca su sfondo rosso è lo stesso ovunque. E se essere Svizzeri ha lo stesso significato in tutto il Paese, diventarlo non dovrebbe essere diverso a seconda di dove ci si trova.
C’è però un’altra notizia recente, che rischiara questo quadro cupo. Lo scorso 23 di maggio, l’alleanza della società civile Azione Quattro Quarti ha lanciato un’iniziativa popolare – l’Iniziativa per la democrazia – che chiede di cambiare il diritto della cittadinanza svizzero introducendo criteri oggettivi ed esaustivi per accedere al passaporto rossocrociato e porre fine all’arbitrarietà che oggi caratterizza le procedure di naturalizzazione nel nostro Paese. L’iniziativa vorrebbe che chiunque viva qui da 5 anni, possieda conoscenze di base di una lingua nazionale, e non sia stato condannato a una pena detentiva di lunga durata, né comprometta la sicurezza del Paese, possa chiedere – e ricevere – la cittadinanza. L’iniziativa vuole che i criteri per la naturalizzazione siano questi, e solo questi, in tutta la Svizzera.
La società cambia. Il mondo politico non reagisce, resta indietro. I nostri Parlamenti – cantonali e nazionali – non riflettono ormai più la realtà demografica del Paese. E quella di cui stiamo parlando non è solo la Svizzera del futuro. È la Svizzera di oggi. Ed era la Svizzera già ieri. La nostra democrazia deve adattarsi alla realtà e includere tutte le persone che contribuiscono ogni giorno al benessere di questa società, e non soltanto a quello economico, un benessere da cui alcuni continuano a volerle escludere, un benessere che costruiscono, ma che in qualche modo non gli appartiene.
L’Iniziativa per la democrazia, in fondo, chiede solo questo, che quei due milioni di persone che qui sono a casa, possano essere riconosciuti come membri a pieno titolo di questa società. Parliamone, supportiamola, firmiamola. Cambiamo questo paese insieme.
Informazioni e fogli per le firme:
https://democrazia-iniziativa.ch/
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