GUARDA CHI SI RIVEDE: LA LOTTA DI CLASSE

di Franco Cavalli

 

La vittoria conseguita il 3 marzo scorso nella votazione sull’iniziativa per la 13esima dell’AVS ci ha entusiasmati. Molto interessanti sono anche i risultati del sondaggio eseguito da Tamedia presso quasi 40.000 votanti, da cui risulta una stretta correlazione tra situazione socioeconomica ed espressione del voto. 

 Cioè: tanto più uno è povero, tanto più ha votato Sì, mentre esattamente il contrario è capitato per i No.

 

Meno importante è risultato invece l’aspetto educativo: una leggera maggioranza di chi ha un titolo accademico, ha votato No. La reazionaria Neue Zürcher Zeitung (NZZ), che da sempre difende gli interessi del grande capitale, in un attacco bilioso di tolla farisaica ha perciò esclamato “gli svizzeri hanno votato pensando solo al proprio borsellino”. C’è chi invece ha sentenziato “ben tornata lotta di classe”.

 

Non è che la vecchia talpa, come l’aveva definita Karl Marx, sia mai scomparsa: sarebbe quasi come pretendere che la forza di gravità possa dileguarsi. I potenti l’hanno sempre saputo: basta ricordare l’ormai famosa dichiarazione del supermiliardario Warren Buffet “certo che la lotta di classe esiste e noi la stiamo vincendo!”. Ma l’ondata neoliberista, che ha dapprima occupato le cattedre universitarie e poi i media che contano, era quasi riuscita a convincere l’opinione pubblica che la lotta di classe era ormai un relitto storico. Invece sta riapparendo alla grande, quale conseguenza logica dell’esplosione delle ingiustizie sociali.

 

Ne sono una prova, qui da noi, le grandi manifestazioni di protesta degli ultimi mesi, ma anche, tanto per fare un altro esempio, l’ondata di scioperi in Germania, paese che sembrava ormai immune a questo tipo di conflitto. Ma anche le ingravescenti tensioni internazionali sono in buona parte il risultato di un duro scontro di classe, anche se l’orgia propagandistica tipica di queste situazioni tende a nasconderlo.

 

La cupola del capitalismo occidentale sta difatti facendo di tutto pur di non perdere quel dominio mondiale che si era conquistata dopo la caduta del muro di Berlino. Pensiamo alla guerra economica scatenata contro la Cina, ma anche, tanto per fare un esempio concreto, al gangsterismo economico manifestatosi dapprima con il blocco poi con il sabotaggio del gasdotto Nord Stream 2, fatto che ha sicuramente giocato un ruolo nella decisione di Putin di scatenare l’aggressione criminale contro l’Ucraina e poi di continuarla.

 

Ma c’è di più. Una parte sempre più importante del capitalismo sostiene ormai derive autoritarie (dal Primo ministro ungherese Viktor Orbán al presidente dell’Argentina Javier Milei) e, pensiamo ai vari Elon Musk, che addirittura finanziano movimenti suprematisti bianchi, che vanno da Trump a Netanyahu. E allora, anche se è vero che la storia non si ripete, dobbiamo ricordarci che sia Mussolini sia soprattutto Hitler conquistarono il potere solo quando la fazione dominante del capitalismo decise di appoggiarli.

 

Concludo questa riflessione ritornando, forse per consolarmi, alle grandi manifestazioni di protesta di Bellinzona contro i tagli del Preventivo 2024 dello Stato. Non nascondo la mia preoccupazione per i dissidi che stanno apparendo tra gli organizzatori. Non vorrei che si ripeta anche stavolta quanto è avvenuto con il movimento di sostegno allo sciopero delle Officine di Bellinzona del 2008, movimento poi scialacquato a poco a poco. Sarebbe da strapparsi i capelli.

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