Casse malati e franchigie: siamo al delirio

 di Franco Cavalli

 

Vi ricordate la delirante proposta della direttrice della cassa malati cristiano-sociali(!), Philomena Colatrella, che ha ipotizzato franchigie minime di non più di 300 franchi come ora, bensì di 5’000 o addirittura 10’000 franchi.

 

Mentre nei social media si scatenava un coro di insulti contro la malcapitata Colatrella, vari “esperti” di questioni sanitarie (molti dei quali vivono grazie a perizie “manipolate” che forniscono agli assicuratori) si sono espressi nei giorni seguenti dicendo che sì la proposta era naturalmente esagerata, ma che aveva in fondo anche dei pregi, su cui bisognava discutere.

 

I pregi sarebbero quelli derivanti dalla possibile diminuzione dei costi, e quindi dei premi, se si aumentassero le franchigie minime, cosa che già il Consiglio federale vuole fare (leggi articolo), seguendo la mozione PPD. Quindi è ora di rammentare alcune verità basilari.

 

La prima è che tutti gli studi condotti nei vari paesi hanno dimostrato che aumentare le franchigie non fa diminuire in modo consistente i costi, in quanto poi i pazienti vanno più tardi dal medico (appunto per paura della franchigia) e quindi spesso si ritrovano con una malattia in uno stadio più avanzato, per cui le terapie diventano poi più costose.

 

Il secondo punto fondamentale è che già ora la Svizzera (udite, udite!) è il paese al mondo dove il cittadino deve pagare di più di tasca propria per le cure sanitarie: ancora più che negli Stati Uniti, ciò che è tutto dire. Ma nonostante ciò i costi della salute aumentano, proprio perché nel mercato sanitario, se così vogliamo definirlo, non è la domanda, ma bensì l’offerta a dominare.

 

Ecco perché sia la concorrenza che l’aumento della partecipazione individuale ai costi non servono a mitigare la spesa globale, perché questa viene decisa avantutto dai prestatori d’opera (medici, ospedali) e non dai pazienti. Quindi la scusa ideologica avanzata per giustificare queste proposte deliranti, e cioè che così facendo si “aumenterebbe la responsabilità dei pazienti, diminuendo quindi i costi”, è una colossale bugia, che è sempre stata smentita dai fatti.

 

Un ultimo punto vale la pena essere sempre ricordato: se è vero che i costi della salute aumentano (ed in parte ciò è normale), è ancora più vero che i premi delle casse malati aumentano molto di più. Se guardiamo agli ultimi 20 anni, vediamo che in media i costi della salute sono aumentati di circa 3.5% annualmente, mentre i premi di cassa malati hanno avuto un aumento annuale medio superiore al 5%. E questo per le ragioni dei difetti strutturali della LAMal, che abbiamo discusso nell’articolo del numero precedente dei Quaderni (leggi articolo).

 

Quindi diciamo una volta per sempre basta a questi managers super- pagati delle casse malati, che vorrebbero dissanguarci ancora di più.

 

 

PS. Dopo aver dettato queste righe, sono venuto a conoscenza, al rientro di un lungo viaggio all’estero, del caso del paziente morto a Coira perché la cassa malati si è rifiutata di rimborsare le terapie contro l’AIDS. Siamo ormai ai limiti dell’omicidio colposo… Mi ricordo ancora benissimo quando in Parlamento fu accettata questa modifica della LAMal, modifica che contraddice totalmente lo spirito della legge e che permetteva di escludere dalle cure coloro che non pagavano i premi di cassa malati. Il tutto fu votato quasi senza discussione, molti non si resero neanche conto di cosa si stesse discutendo: a chi come me si era opposto fu garantito che non ci sarebbero state conseguenze…. Ora decine di migliaia di persone si trovano in questa situazione, che è semplicemente una vergogna nazionale.

 

 

 

 

 

Quaderno 16 / Giugno 2018