L’illusione del riformismo parlamentare. Intervista a Jean Ziegler, seconda parte

di Red

 

Dopo aver illustrato il carattere insostenibile del capitalismo, in questa seconda parte dell’intervista Jean Ziegler riflette sull’utilità del lavoro nelle istituzioni, sottolineandone i limiti.

 Visti i rapporti di forza attuali, una politica finalizzata esclusivamente ad una presenza istituzionale può ambire tutt’al più a dei piccoli accorgimenti legali che non intaccano minimamente la “dittatura mondiale del capitale finanziario”.

 

 

 

Intervista a cura di Christophe Koessler, per Le Courrier.

 

 

Lei parla d’oligarchia, di dittatura [riferendosi al capitalismo, ndt]. Eppure la maggioranza dei cittadini dei nostri paesi pensano di vivere in democrazia. Non è il caso?

È quello che chiamo una democrazia “simulativa”. Formalmente la democrazia funziona. Non ci sono troppe ruberie in occasione delle votazioni, il segreto dell’urna è garantito. Ma l’alienazione è la vittoria più eclatante delle oligarchie. Siamo devenuti stranieri a noi stessi (Entfremdung in tedesco). Possiamo votare e comportarci contro i nostri interessi volontariamente. L’oligarchia riesce a far passare le sue volontà attraverso i media, la televisione, le campagne pubblicitarie. Si pensi per esempio alle votazioni avvenute in Svizzera nel corso degli ultimi due anni: la maggioranza ha votato contro la settimana di vacanze supplementari, contro il salario minimo, contro l’aumento dell’AVS, contro la cassa malati pubblica che avrebbe permesso di abbassare i premi del 30%, ecc.

 

Eppure lei è stato consigliere nazionale per diversi anni, non vuol forse dire che credeva alle virtù della democrazia parlamentare?

Avevo delle illusioni. Sono stato a lungo nel Consiglio esecutivo dell’Internazionale socialista. L’idea della vecchia generazione dell’Internazionale, come Willy Brandt, era che la popolazione avrebbe capito a poco a poco che il bene pubblico, la ridistribuzione della ricchezza nazionale, la sicurezza sociale per tutti e l’uguaglianza dei salari sono nell’interesse di tutti. L’errore era di credere che i valori opposti a quelli della borghesia regnante avrebbero avuto la meglio in questo processo. Era in linea con l’idea di razionalizzazione d’Immanuel Kant: la ragione prende la meglio sempre più sugli istinti e la volontà di dominazione. E invece è successo esattamente il contrario. Lo Stato è stato colonizzato dall’oligarchia.

 

Cosa faceva dunque in parlamento?

L’idea era di utilizzare quella tribuna per mettere l’avversario in contraddizione con sé stesso. Per esempio quando il governo e gli affaristi svizzeri aggiravano l’embargo internazionale contro il regime razzista sudafricano con il commercio dell’oro – cosa che ha permesso all’Apartheid di tenere duro per cinque o dieci anni in più. Denunciare queste cose è senz’altro stato utile, ma totalmente insufficiente.

 

Il suo ruolo nelle istituzioni svizzere non ha permesso di ottenere comunque dei miglioramenti? La sua lotta instancabile contro il segreto bancario ha portato dei risultati, no?

Eppure il riciclaggio di denaro è oggi quasi altrettanto esteso. Certo, un tempo qualsiasi notaio straniero poteva piazzare i suoi soldi nelle banche svizzere. Ora, con lo scambio automatico delle informazioni, ciò non è più possibile nei paesi dell’OCSE. C’è stato un progresso millimetrico, e va riconosciuto. Il fisco francese, per esempio, è un po’ meno derubato. Ma i super-ricchi, compresi quelli svizzeri, possono sempre aprire dei conti offshore, alle Isole Cayman, per esempio, spesso con l’aiuto di avvocati elvetici, e così sfuggono a ogni controllo. I più ricchi pagano solo le imposte che vogliono. Le oligarchie non sono toccate. La dittatura mondiale del capitale finanziario se la ride allegramente. Questo mondo opaco e portatore di criminalità non è stato abolito contrariamente a quello che vogliono farci credere a Berna.

 

 

 

 

 

Fonte: Le Courrier, 21 giugno 2018

Trad. it.: Damiano Bardelli

 

 

Prima parte dell'intervista:

“L’oppressione non è riformabile”. Intervista a Jean Ziegler