Una strage senza responsabili?

Q 30 - L'editoriale

 

Il titolo dell’editoriale dell’ultimo numero dei nostri Quaderni recitava: “Molta, troppa confusione. Molti, troppi morti”. Oggi possiamo addirittura parlare di strage. Al momento in cui questo editoriale apparirà, molto probabilmente il numero dei decessi in Ticino si aggirerà attorno ai 1’000 morti, mentre a livello nazionale non saremo distanti dai 10’000.

Purtroppo le cifre assolute, quando vengono presentate giornalmente dai media e sui portali, non danno un’idea esatta della tragedia. Difatti contemporaneamente sentiamo che negli Stati Uniti siamo tra i 350’000 e i 400’000 decessi, per cui le nostre cifre di primo acchito ci impressionano meno. Basta però un calcolo molto semplice per rendersi conto che in proporzione 1’000 decessi in Ticino corrispondono a ben più di 1’000’000 (un milione) negli Stati Uniti. Le cifre di fine dicembre-inizio gennaio erano impietose: abbiamo avuto il triplo dei morti rispetto alla Lombardia e al Piemonte ed il doppio della media svizzera, che nella seconda ondata è comunque uno dei paesi con più morti per Covid-19. Al 31 dicembre in Ticino si registrava una mortalità annua superiore del 28% alla media degli ultimi 10 anni, dovuta agli 800 decessi di Covid, i quali sono 5-8 volte superiori a quelli registrati durante le peggiori epidemie influenzali. Dati, questi, che non si erano più visti dai tempi della Spagnola cent’anni fa. Ma niente ha scosso il nostro governo cantonale dal suo torpore.

 

Sempre nell’ultimo editoriale avevamo parzialmente assolto il Consiglio Federale per il suo comportamento durante la prima ondata pandemica, quando aveva saputo almeno in parte resistere alle pressioni degli ambienti padronali. Ma non bisogna dimenticare che per mesi ci hanno detto “le mascherine non servono” semplicemente perché ci si era dimenticati di comandarle. Questo mantra ha reso poi più difficile convincere più tardi tutta la popolazione dell’assoluta necessità di servirsi sempre e dovunque delle mascherine protettive. Purtroppo poi ad inizio estate il nostro governo aveva finito con il calare le braghe di fronte agli ambienti padronali, abolendo di colpo tutte le restrizioni e facendo così passare un messaggio fatalmente sbagliato: “fate quello che volete, ormai il pericolo è passato”. Persino uno dei maggiori responsabili di questo atteggiamento deferente verso Economiesuisse & co., il nuovo Presidente della Confederazione Guy Parmelin, ne ha fatto ammenda durante l’allocuzione di Capodanno, anche se un po’ sottovoce.

 

Ma il peggio doveva ancora venire. Quando la seconda ondata è scoppiata inizio ottobre, il Consiglio Federale e i governi cantonali hanno platealmente fallito, perdendo tra l’altro parecchio tempo in discussioni su “chi doveva fare cosa”. I cantoni non volevano decidere: preferivano fosse Berna a farlo, così avrebbe dovuto essere la Confederazione a pagare! Oltretutto gli ambienti padronali hanno da subito detto che un secondo lockdown non entrava in linea di conto. E così per molte settimane si sono prese solo misure irrisorie, quando quasi tutti i paesi europei passavano da un lockdown all’altro – come richiedeva anche la task force scientifica, che è sempre stata a favore di almeno un lockdown di breve durata. Ma il Consiglio Federale ha seguito sempre e solo i dettami di Economiesuisse e della sua predica neoliberale, che recita che la salute – lungi da essere il diritto umano più fondamentale – ha un suo prezzo come ogni altra merce. E solo a novembre avanzato, quando – bontà sua! – la portavoce di Economiesuisse ebbe finalmente a dichiarare che “magari bar e ristoranti si potrebbero chiudere, il resto no”, il nostro Consiglio Federale si affrettò ad ubbidire, prendendo questa decisione minima e tardiva.

 

C’è chi in sordina ripete che i due Consiglieri Federali “socialisti” sono stati regolarmente messi in minoranza dalla coalizione dei due UDC e dei due liberali. È possibile. Ma questo non giustifica niente: qui si trattava di vita o di morte e in una situazione simile si dovrebbe avere il coraggio di dimettersi. Una cinquantina di anni fa l’aveva fatto un Consigliere Federale socialista quando gli avevano rifiutato una riforma fiscale progressista. Ma allora l’aggettivo socialista non aveva ancora bisogno di essere messo tra virgolette.

 

Forse anche a Berna, come a Bellinzona, diversi governanti hanno pensato che a morire erano soprattutto “vecchietti malaticci” e che quindi per l’AVS poteva anche andare bene così. Perché addirittura peggio del Consiglio Federale ha fatto questa volta il Consiglio di Stato ticinese, che in precedenza avevamo lodato per le posizioni prese in primavera, che avevano suscitato il sostegno di tutta la popolazione. Questa volta Bellinzona ha a lungo banalizzato la situazione, continuando ad insistere solo sul mantra fasullo della responsabilità individuale (come mai obblighiamo invece la gente a mettersi le cinture di sicurezza o il casco in motocicletta?) e riportando fatali menzogne come quella che recita che “non sono i bar e ristoranti ad essere la fonte di tante infezioni”. I portavoce del Consiglio di Stato su tutti questi temi si sono allineati al Consigliere nazionale Fabio Regazzi, presidente USAM e hardliner nel sostenere l’inutilità di quasi tutte le misure protettive. In una trasmissione radiofonica, il Presidente del Consiglio di Stato Gobbi ha dovuto addirittura subire le critiche del suo collega “leghista” di Ginevra Mauro Poggia, che gli ha rimproverato la mancanza di decisioni efficaci per proteggere la popolazione. Era infatti diventato ben presto chiaro che soprattutto in Ticino si sarebbe potuta controllare la situazione solo con un nuovo lockdown, ma il Consiglio di Stato (anche qui a maggioranza?) non ha mai voluto sentirne parlare. Nell’ultimo numero dei Quaderni abbiamo descritto cosa ha fatto e sta facendo Cuba, che attualmente ha quasi 100 volte meno morti della Svizzera. Sull’isola caraibica vale il principio fondamentale per cui “la vita non ha prezzo”. Per noi invece sì, e a decidere alla fine è sempre la borsa dei padroni. Ma quando questa pandemia sarà finalmente passata, si dovrà far pagare il conto ai responsabili: la strage che stiamo vivendo in Svizzera e in Ticino avrebbe almeno in parte potuto essere evitata, e allora dovremo mettere davanti alle loro gravissime responsabilità tutte quelle autorità che sono venute meno al loro dovere.

 

P.S.: Quest’editoriale è stato preparato ed accettato dal coordinamento del FA immediatamente prima della conferenza stampa del Consiglio Federale del 13 gennaio, durante la quale il nostro governo ha finalmente annunciato alcune misure che potrebbero essere efficaci per diminuire parzialmente l’impatto della pandemia. Come abbiamo chiaramente espresso nel comunicato comune con i Verdi, queste misure sono però ancora largamente insufficienti e soprattutto arrivano con tre mesi di ritardo. Per questa ragione abbiamo deciso di non modificare l’editoriale in quanto il nostro giudizio sul comportamento del Consiglio federale e del Consiglio di stato ticinese rimane invariato anche a fronte delle ultime misure.

Testo da: