Il tradimento municipale ai villaggi luganesi

di Francesco Bonsaver

 

«A quasi dieci anni dalle ultime aggregazioni, è sempre più chiara la mancanza di riflessione, di pensiero politico e culturale e di una strategia che orienti l’azione del Municipio... 

... Manca del tutto o quasi la volontà di comprendere, di studiare, di approfondire i contenuti di questi territori. Lugano oggi non è più solo il centro cittadino affacciato sul Ceresio, ma una nuova e complessa realtà composta da villaggi, nuclei storici e paesaggi con peculiarità diverse».

 

Una denuncia chiara e altrettanto chiaro è il nome dell’associazione: Villaggi traditi (www. villaggitraditi.ch). I promotori sono abitanti di Carona, uno degli ultimi sette villaggi aggregatisi alla Grande Lugano nove anni fa le cui attese andarono tradite. Un villaggio ISOS, si legge sul loro portale, «dunque protetto a livello federale, che ha conservato con cura la sua storia culturale e artistica. Ha un nucleo molto vivo, con tante famiglie, manifestazioni artistiche ed è per questo conosciuto in tutta Europa. Eppure, negli ultimi anni troppi problemi sono rimasti irrisolti e mortificando il paese e i suoi abitanti. La viabilità è un esempio clamoroso, con auto che sfrecciano o che intasano la stretta strada che taglia in due il paese; c’è poi il cronico dilemma dell’assenza di parcheggi; e non da ultimo il futuro della famosa piscina». Già, la famosa piscina, il cui progetto dell’esecutivo luganese è l’emblema della sprezzante visione centrica e del disinteresse della cosa pubblica dell’esecutivo luganese, ben rappresentato nello specifico dalla coppia municipale Badaracco e Zanini Barzaghi (l’identico duetto portavoce del Polo sportivo speculativo). Per un approfondimento sulla questione piscina, si veda l’articolo qui.

 

Ma Carona non è l’unico villaggio a sentirsi tradito dalle promesse aggregative. Il pittoresco villaggio di Brè ha più di un motivo per sentirsi ugualmente tradito. Lo spiega ai Quaderni Stefano Baragiola, residente nel paese da diversi decenni. «Nel caso di Brè, il Bike park è forse l’esempio più conosciuto di arroganza e dell’indifferenza municipale nei confronti del territorio e della popolazione residente. Un progetto spropositato, dannoso e inutile per il territorio. La città non si è mai degnata di rispondere alla petizione sul bike park, portando avanti il progetto come nulla fosse. Questa indifferenza ci ha obbligati, sostenendo anche dei costi, a dover inoltrare dei ricorsi giuridici. Se ci fosse stato l’ascolto della cittadinanza da parte dell’esecutivo, tutta questa diatriba sarebbe stata evitata».

 

Il tema di fondo, prosegue il nostro interlocutore, «è che siamo nel pieno della realizzazione della revisione del piano regolatore unico del territorio luganese. E la Città, pur non avendo definite le zone di svago nel comprensorio comunale, promuove dei progetti particolari quali il bike park che svalorizzano il patrimonio naturalistico del territorio. Brè, come Carona, Sonvico e altre zone sono al limite delle zone boschive della Città. Esse costituiscono il polmone dei cittadini, non solo grazie all’attività biologica delle piante, ma pure nella funzione di svago nella natura di cui si ha fortemente bisogno come dimostrato negli ultimi tempi. La Città ha una grande responsabilità nel garantire la gestione del patrimonio naturalistico. Eppure le autorità comunali non hanno nessun concetto di gestione. Paradossalmente, del patrimonio boschivo e naturalistico del comune di Lugano se ne occupa maggiormente il Cantone dell’amministrazione cittadina» constata Baragiola.

 

Dalle parole del nostro interlocutore pare di capire che il problema principale sia nell’incapacità delle autorità cittadine di ascoltare, valorizzare e coinvolgere direttamente gli abitanti dei quartieri urbani periferici. Eppure, come sottolinea Baragiola, «il valore degli abitanti del quartiere è di conoscere bene il territorio dove vivono. Una conoscenza che consentirebbe di evitare una uniformazione al pensiero dominante del centro della città. Una standardizzazione riscontrabile nei progetti concepiti dalla visione centrica che non reggono alla prova nei territori specifici».

 

La distanza tra centro e periferia è abissale. «L’approccio centrico rispetto alla periferia, periurbana, la allontana invece di avvicinarla al centro perché preclude la possibilità di una gestione decentralizzata di queste zone. – spiega Baragiola – Le faccio un esempio a Brè che potrebbe apparire di lieve importanza, quasi banale, ma è illustrativo della lontananza. I servizi igienici pubblici a Brè sono inaccessibili da anni, da quando il Municipio decise di chiuderli adducendo motivi di risparmio. Data la forte affluenza di visitatori in zona, quattro abitanti di Brè si sono assunti il compito di tenerli puliti. Dei volontari stanno colmando un servizio tralasciato dall’amministrazione cittadina. Mi consenta un secondo “piccolo” esempio, attualmente molto sentito dai suoi abitanti. Complice la pandemia e l’alto afflusso di turisti e ticinesi, i contenitori dei rifiuti si riempiono rapidamente, straboccando in poco tempo. Malgrado le numerose segnalazioni al Comune, nessuno provvede. Sono esempi significativi di problematiche di quartiere facilmente risolvibili in tempi rapidi, che invece impiegano anni per arrivare sui tavoli di chi ha la responsabilità di risolverle nei palazzi del centro città».

A Baragiola chiediamo quali soluzioni intravveda. «Realizzare finalmente la riforma delle competenze delle Commissioni di quartiere, troppo spesso concepite come un alibi di facciata. Le commissioni hanno unicamente un ruolo consultivo senza alcuna competenza su temi facilmente delegabili dal centro».

 

Commissioni di quartiere, tema spinoso. I Quaderni hanno sentito l’opinione di Francesca Felix, presidente della Commissione di quartiere della Valcolla. Sulla considerazione dell’autorità cittadina di questi enti, Felix fa un esempio illuminante, accaduto a fine maggio. «Giovedì abbiamo ricevuto una mail dal comune in cui ci comunicavano che lunedì il centro dei servizi cittadini di Maglio sarebbe stato chiuso definitivamente. Nessun preavviso precedente, nessuna condivisione per una ricerca di soluzione». La commissione di quartiere è stata semplicemente messa davanti al fatto compiuto. Evidente il senso di frustrazione vissuto dai suoi membri, la percezione di inutilità del proprio ruolo nel far da collante tra popolazione e centro, che diventa invece sempre più distante. «È un peccato. Le segnalazioni che riceviamo dalla popolazione, le inoltriamo al comune. Le risposte ricevute sembrano tutte identiche, da copia e incolla. “Non abbiamo le risorse o il personale”. Dopo averne ricevute una ventina, scappa la poesia. Tanto più che siamo noi a metter la faccia davanti alla cittadinanza, la quale poi si chiede: a cosa serve la commissione?».

 

Certo, la vastità e la diffusione degli abitanti del territorio Val Colla, rende la questione più complicata in assenza di relazioni personali quotidiane strette quale possono esistere in nuclei come Sonvico, Brè o Carona. Ma se si vuole risolverli senza nascondersi dietro esercizi alibi, creare i presupposti perché le voci dei territori portino a delle risposte concrete attraverso dei corpi intermedi dotati di potere decisionale decentralizzato, sono dei passaggi essenziali.

 

In Svizzera, da un paio d’anni la città di Losanna ha avviato il progetto di budget partecipativo dei quartieri (www. lausanne.ch/budget-participatif). Gli abitanti dei quartieri possono promuovere dei progetti di utilità collettiva, che dopo aver superato la fase di analisi di fattibilità e il voto consultivo del quartiere, saranno sostenuti economicamente dalla città fino a 20mila franchi per progetto.

L’amministrazione cittadina di Barcellona, grazie a una politica attiva di partecipazione diretta dei suoi abitanti, ha accumulato col tempo molta esperienza pratica sul tema. Dall’inizio di quest’anno, la popolazione può decidere autonomamente come investire 75 milioni di euro nel proprio quartiere grazie al processo di partecipazione diretta garantito dal budget partecipativo (https://www.barcelona.cat/infobarcelona/es/primeros-presupuestos-participativos-la-ciudadania-decide-como-mejorar-los-barrios_910860.html).

 

Esempi che appaiono lontani anni luce dalla realtà luganese. Non tanto per la loro fattibilità, ma nell’incapacità dei municipali luganesi di rinunciare a una parte del potere. Il conformarsi a una visione centralistica del potere, omologante a una uniformità imposta, è una costante della recente storia luganese.

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