Cuba sconfigge la pandemia, ma non ancora la crisi

di Franco Cavalli

 

Roberto Livi, corrispondente all’Avana dei nostri Quaderni e del Manifesto, iniziava un suo articolo pubblicato recentemente nel quotidiano italiano (30.12.2021) con questa domanda, che molti sembrano porsi a Cuba: «Ma è più difficile produrre un vaccino o la carne di porco?». 

Effettivamente questo dilemma riproduce bene uno dei più grandi paradossi attuali di Cuba.

 

Mentre come unico tra i paesi del Sud del mondo riesce a produrre i propri vaccini molti efficaci contro il Covid e risulta attualmente essere (dopo gli Emirati Arabi) il paese al mondo con la più alta percentuale di vaccinati, d’altra parte la crisi economica rimane estremamente dura, anche per quanto riguarda alcuni prodotti alimentari basici.

 

Non c’è dubbio che questa situazione sia dovuta in parte preponderante al micidiale blocco economico, con il quale gli Stati Uniti da oltre 60 anni cercano di strangolare l’isola e che hanno reso ancora più asfissiante durante la pandemia, cercando di affamare l’isola, che con l’azzeramento del turismo ha perso la sua entrata principale. Trump prima e Biden dopo hanno sperato che così la grave crisi economica avrebbe portato la gente a ribellarsi, anche grazie alle migliaia di fake news con cui viene inondata l’isola a partire da Miami.

 

Ma Cuba c’ha messo anche un po’ del suo e per quanto riguarda il paradosso succitato, ritengo che sia in parte legato ad una delle più accattivanti visioni un po’ utopiche di Fidel Castro, il quale ha sempre detto che avrebbe voluto che tutti conseguissero una laurea universitaria ed ha quindi dato la priorità agli investimenti nel settore educativo e della ricerca. È stato quindi anche merito suo, se oggi Cuba ha un’industria biotecnologica di punta ed è in grado di produrre vaccini.

 

C’è però anche un certo rovescio della medaglia. A questo proposito un mio amico, ex consigliere nazionale ed agricoltore biologico, dopo una visita a Cuba commentava: «Il problema è che ci sono più ingegneri agronomi che contadini!». E se paragoniamo la situazione oggettiva dei contadini con quella dei ricercatori, è evidente che quest’ultimi hanno un’autonomia decisionale ed economica molto più grande, ciò che favorisce sicuramente la loro produttività.

 

 

Come ti controllo la pandemia

Tutti oggi riconoscono che Cuba è riuscita a controllare la pandemia molto meglio della stragrande maggioranza degli altri paesi, e sicuramente meglio degli Stati Uniti. Questo successo è stato riconosciuto ultimamente addirittura dall’americano Journal of Public Health, che a conclusione di una lunga presentazione di quanto è stato fatto sull’isola affermava che «Cuba ha saputo fornire contro la pandemia una risposta più coordinata ed efficace di quella degli Stati Uniti». Ciò si traduce tra l’altro con una mortalità di svariate volte inferiore, che contribuisce a far sì che oggi l’aspettativa di vita a Cuba sia di quasi un anno e mezzo superiore a quella statunitense.

 

Prima che arrivassero i vaccini, come avevo raccontato anche in questi Quaderni dopo la mia visita sull’isola nel novembre del 2020, la pandemia era stata controllata con una strategia «alla cinese»: quindi lockdown totale anche per le fabbriche e l’edilizia, nessuno senza mascherina neanche all’aperto, disinfezione continua di luoghi e persone. Coloro che erano positivi o in quarantena venivano isolati se possibile a domicilio, o altrimenti in alberghi e in istituzioni pubbliche. A domicilio venivano visitati giornalmente da un’equipe medica o infermieristica e riforniti, per evitare che dovessero uscire, anche per quanto riguardava le necessità alimentari di base.

 

Fino a Natale 2020 giornalmente non si erano mai registrati quindi più di 100 casi positivi. Per le feste natalizie però Cuba è stata obbligata ad aprire ai parenti che vivono negli Stati Uniti: queste visite sono state la causa principale dell’ondata registrata poi a partire da febbraio dell’anno scorso. Come descrive nell’intervista riportata qui il ricercatore italiano Fabrizio Chiodo, che ha partecipato allo sviluppo dei vaccini cubani, senza le conseguenze del blocco economico la campagna di vaccinazione avrebbe potuto cominciare già molto prima. Grazie soprattutto all’aiuto della solidarietà internazionale (noi di mediCuba Europa abbiamo fornito 10 milioni di siringhe, tra le altre cose) a partire da giugno dell’anno scorso Cuba ha potuto lanciare una campagna capillare di vaccinazione, che ha portato già nelle ultime settimane dell’anno scorso all’appiattimento della curva del contagio intorno alle 100 unità al giorno e con un numero molto ridotto di decessi.

 

 

Lo strangolamento economico e la reazione del governo

Approfittando dell’azzeramento del turismo a seguito della pandemia, Trump, per riuscire ad affamare totalmente l’isola, ha bloccato ogni trasferimento finanziario dagli Stati Uniti verso l’isola e con multe spropositate ha cercato di bloccare qualsiasi traffico verso Cuba. Da qui la grave crisi economica, che è stata poi peggiorata dalla riforma valutaria, entrata in funzione all’inizio del 2021 e che era stata programmata da lungo tempo, al fine di abolire la doppia moneta (una per i Cubani, l’altra per i turisti) che era diventata insostenibile anche psicologicamente. In una situazione di crisi produttiva, questa riforma ha però provocato un’iperinflazione, che ha fatto da una parte aumentare di molto il costo dei prodotti di base, dall’altra ha fatto esplodere il mercato nero e sta costringendo il cittadino comune a lunghe ed estenuanti code quotidiane. O allora a ricorrere ai negozi dove si paga in dollari.

 

Questa situazione ha provocato manifestazioni di protesta, in parte anche violente, verso metà luglio, episodi che sono stati ingigantiti dai media mainstream americani (e da quelli europei che riprendono a cascata le loro notizie). Il governo però ha reagito da una parte intensificando i contatti tra dirigenti e popolazione: a quanto ci consta, il presidente Díaz-Canel sembra essere presente in ogni angolo dell’isola. Il governo però ha anche proceduto ad una rettifica della riforma economica, tra l’altro aumentando di molto l’autonomia delle imprese e dando maggior spazio sia alle piccole e medie industrie che alle cooperative. Inoltre, una serie di poteri prima centralizzati sono stati delegati ai comuni.

 

In conclusione un’osservazione importante: da anni a Cuba ci si lamenta per la burocrazia asfissiante. Anche noi ne abbiamo sofferto nel nostro lavoro di solidarietà. Posso però certificare, come ho sentito anche da tanti altri, che in questa situazione le maglie della burocrazia si stanno allargando di molto e lo stiamo constatando giornalmente. Credo che ciò è avvenuto perché sia il governo che il Partito Comunista hanno realizzato che quest’anno potrebbe essere decisivo per il futuro del socialismo cubano.

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