La fucilazione del traditore della patria Ernst S.

Niklaus Meienberg, Armando Dadò editore, 2022, pp 128

di Franco Cavalli

 

Armando Dadò ogni tanto ci sorprende pubblicando, come in questo caso, libri di autori distanti millemiglia dalle convinzioni politiche che dominano nella famiglia Dadò.

 

 

Come in questo caso con il libro, diventato ormai un classico anche se sinora mai tradotto in italiano, di Niklaus Meienberg, “enfant terrible” del mondo giornalistico e letterario svizzero nei ruggenti anni 70-80 del secolo scorso.

 

Fu lui, tra l’altro, a rivelare che durante la 1° Guerra Mondiale lo stato maggiore del nostro esercito aveva preparato dei piani per invadere l’Italia, quando quest’ultima sarebbe stata totalmente sconfitta dall’Impero austro-ungarico, alleato dell’Impero germanico, cosa che i nostri caporioni militari ritenevano assolutamente sicura.

 

Come sappiamo andò invece in modo molto diverso e così cadde l’ipotesi di poter facilmente riconquistare soprattutto la Valtellina, che per secoli era appartenuta alle Leghe grigionesi.

 

In un periodo, in cui anche in Svizzera vigeva il Berufsverbot, non sorprende quindi che ben presto tutti i giornali importanti, anche quelli che si davano delle arie progressiste, abbiano negato ogni collaborazione a Meienberg, che si specializzò quindi in ricerche storiche.

 

L’inchiesta, di cui parla in questo libro, fa ormai parte dei classici della letteratura svizzera d’inchiesta, soprattutto perché Meienberg vi dimostra come si possa scrivere in modo ben leggibile anche su temi storici non facili da trattare.

 

Ernst S., uno dei 17 militi finiti durante la 2ª Guerra Mondiale (soprattutto dopo il 1942) davanti al plotone d’esecuzione: come la stragrande maggioranza degli altri condannati a morte, anche lui era un proletario.

 

La tesi che Meienberg dimostra con una ricerca molto dettagliata, è che con questi figli delle classi più deboli la giustizia mostrò il “pugno duro”, mentre contemporaneamente l’industria bellica elvetica riforniva alla grande l’esercito nazista e molti importanti rappresentanti dell’alta borghesia patteggiavano apertamente con Hitler, almeno finché le vittorie militari furono dalla sua parte.

 

Basterebbe qui ricordare il presidente della Confederazione Pilet Golaz, che nel 1940 aveva addirittura proposto che la Svizzera s’adattasse ai nuovi tempi e ai nuovi padroni del mondo.

 

Mentre il soldato Ernst S., nato nel 1919 in una famiglia dove “c’era appena qualcosa da mettere sotto i denti”, nel 1942 fu condannato a morte perché, bisognoso di denaro e frustrato dei suoi insuccessi nel lavoro, aveva fornito alla Germania nazista un paio di granate e schizzi di alcune postazioni militari, informazioni d’importanza quasi nulla.

 

Contemporaneamente esponenti importanti della politica e dell’esercito svizzero, come ricordiamo in un altro articolo (leggi qui) di questo numero dei Quaderni, aiutavano l’armata nazista nella sua barbarica invasione dell’Unione Sovietica.

 

Tornando all’opera di Meienberg: il libricino di poco più di 100 pagine si legge tutto d’un fiato.

 

Una lettura molto consigliabile, soprattutto in questi tempi.

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