Antisemitismo: la strana posizione del Partito Socialista Svizzero

di Enrico Geiler

 

Il 24 maggio 2019 la Direzione nazionale del Partito Socialista ha adottato la definizione IHRA (Alleanza internazionale per il ricordo dell’Olocausto) dell’antisemitismo e ha sollecitato il parlamento e il Governo svizzero a fare altrettanto.

Conseguentemente il deputato socialista Paul Rechsteiner ha inoltrato un postulato con cui chiede lumi al Consiglio Federale su un’eventuale adozione della definizione IHRA.

 

Fin qui la cosa sembra un semplice fatto amministrativo. In realtà la faccenda nasconde un’infinità di insidie e a conti fatti è molto grave perché trascina la Svizzera nella guerra di propaganda condotta da Israele e nel conflitto interno alla comunità ebraica, sulla liceità del sionismo, senza dimenticare di precisare gli scopi dell’IHRA.

 

La nostra Costituzione federale contiene una definizione esaustiva del razzismo che per questo è perseguibile penalmente. Pure la Convenzione internazionale dei diritti umani dell’ONU contempla una definizione del razzismo che può essere considerata universale. Ciò malgrado nel 2016 l’IHRA (il cui scopo sarebbe quello di ricordare l’Olocausto) ha voluto pubblicare una nuova definizione di razzismo calibrata particolarmente sull’antisemitismo e sull’antiebraismo e calcata sugli interessi di Israele: «L’antisemitismo è una certa percezione degli Ebrei che può essere espressa come odio per gli Ebrei. Manifestazioni retoriche e fisiche dell’antisemitismo sono dirette contro singoli Ebrei o non Ebrei e/o le loro proprietà, contro le istituzioni o le strutture religiose ebraiche». Seguono undici esempi di applicazione di cui sette fanno esplicito riferimento a Israele. Alcuni governi occidentali amici di Israele hanno adottato ufficialmente la definizione IHRA, mentre altri l’hanno giudicata troppo controversa. Tra l’altro una perizia giuridica effettuata dal noto giurista britannico Hugh Tomlinson (Matrix Chambers, 8 marzo 2017) boccia la definizione IHRA su tutta la linea.

 

La definizione IHRA lascia troppo spazio all’interpretazione. Per esempio, considerato che Israele si presenta ufficialmente come “lo stato degli ebrei” (dunque un’istituzione ebraica), ogni critica a Israele e al suo governo o a personalità israeliane possono essere considerate antisemite. Nel caso concreto il movimento BDS (Boicotto, Disinvestimento, Sanzioni), che potenzialmente danneggia l’economia israeliana, secondo la definizione IHRA è un movimento antisemita. In Germania, su denuncia dell’IHRA e dell’Ufficio per il monitoraggio dell’antisemitismo, le organizzazioni e i militanti del BDS già vengono sanzionati (per esempio con il licenziamento) e/o perseguiti penalmente, i loro conti correnti bloccati, viene proibito loro di esprimersi in pubblico, si impedisce loro di disporre delle sale per gli eventi, ecc. Per la stessa ragione sono stati bloccati i conti di un’organizzazione pacifista ebraica: possibile che sia antisemita? In Germania ormai nessuno osa più criticare Israele o i sionisti o svolgere attività filopalestinesi per paura di essere accusato d’antisemitismo.

 

Nel nostro Paese la Costituzione federale prevede il diritto di opinione, di parola e di riunione. È una questione di libertà e di democrazia. Dovesse entrare ufficialmente in vigore la definizione IHRA dell’antisemitismo questi diritti non sarebbero più garantiti e scatterebbe la censura e la repressione di ogni attività invisa a Israele, come appunto già avviene in Germania. Calerebbe il silenzio su quanto accade in Palestina e ci sarebbe una quasi impunità per i crimini di cui si macchiano le autorità israeliane. Inoltre il nostro Governo sarebbe succube delle organizzazioni filoisraeliane che gli indicherebbero di volta in volta chi è antisemita e chi deve essere sanzionato. Non escludo che la recente visita del ministro degli esteri israeliano Israel Katz al nostro Ignazio Cassis vada in questa direzione. Va poi aggiunto che ritengo antidemocratico che una minoranza influente possa godere di una sua propria definizione del razzismo (nel caso specifico dell’antisemitismo) mentre le altre minoranze (musulmani, Rom, stranieri perseguitati, migranti, asilanti, ecc.) devono accontentarsi di quella contenuta nella Costituzione svizzera, e dunque sono discriminate (la discriminazione è una forma di razzismo). Da sottolineare che da tempo gli atti d’odio contro le altre minoranze, islamici in particolare, sono in aumento.

 

Quale membro del Partito Socialista e membro del Comitato dell’Associazione Svizzera Palestina mi sento tradito dal mio partito. La Direzione del Partito ha deciso autoritariamente, senza chiedere il parere ai militanti, né ai compagni competenti e tantomeno all’Associazione Svizzera Palestina. Inoltre la Direzione ha completamente ignorato la posizione dell’Internazionale socialista che ha approvato il BDS come legittimo metodo di lotta contro l’Apartheid israeliano (Ginevra, 26-27 giugno 2018). La decisione della Direzione del mio partito rischia così di crearmi gravi difficoltà, fino a subire la censura o persino di essere sanzionato e di impedirmi di svolgere la mia attività in favore dei Palestinesi e della pace in Medio Oriente.

 

Alla faccia della libertà di opinione, della democrazia e dei diritti umani tanto sbandierati dal Partito Socialista Svizzero, la cui Direzione è pure rimasta sorda alle sollecitazioni pervenute successivamente dalla base del partito e dalle Organizzazioni attive nel settore. In questo modo il PSS si è messo dalla parte dei potenti e si rende indirettamente complice della repressione del popolo palestinese.

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