di Franco Cavalli - naufraghi.ch
(Questo contributo è stato scritto prima della guerra in Ucraina)
Mancano ancora 14 mesi alle prossime elezioni cantonali, ma già si stanno scaldando i motori della campagna elettorale, anche perché almeno due candidate sono già uscite allo scoperto.
Diversi contributi sono stati pubblicati in proposito su queste colonne e ben volentieri accolgo l’invito della Redazione per una presa di posizione a nome del ForumAlternativo (FA).
Abbiamo difatti già accennato al prossimo importante ciclo elettorale nell’editoriale del nostro Quaderno 36, appena pubblicato (“Ticino: un panorama politico e mediatico desolante”).
Mio compito sarebbe di discutere della situazione della sinistra cantonale come la sta vivendo il ForumAlternativo. Mi pare però più interessante allargare il discorso, partendo dalla storia del FA, a cui sin qui si è prestata poca attenzione. Il FA è nato quasi 8 anni fa, quando tutti, dal Monde Diplomatique a Die Zeit, davano la socialdemocrazia ormai in crisi irreversibile, dopo i danni procuratele dai vari Blair, Schröder e D’Alema. Anche in Svizzera i vari tentativi di spostare a sinistra il baricentro del PSS erano falliti e la stragrande maggioranze dei seggi nei governi cantonali nonché i due nel Consiglio Federale, erano ormai stabilmente in mano alla destra del partito, sempre più aperta alle sirene del neoliberismo. Partendo da una prospettiva anticapitalista e fortemente ecologista (“l’ecologia senza anticapitalismo è solo giardinaggio”), FA si è a lungo battuto per creare una Federazione all’interno della quale fossero presenti tutte le forze politiche che gravitano alla sinistra del PS, Verdi compresi.
Al di là di quanto capitato alle Federali del 2019, su cui tornerò più tardi, questo ambizioso progetto è sin qui purtroppo rimasto sulla carta, perché la persistente autoreferenzialità ha impedito la rottura degli steccati che separano i vari movimenti alla sinistra del PS e anche per la crescente evanescenza delle posizioni politiche dei Verdi. E sì che il FA, anche quando si è strutturato come movimento politico, ha continuato a permettere ai suoi tesserati, attualmente attorno a 300, la doppia appartenenza ad altri gruppi partitici di sinistra.
Lo storico Paolo Favilli, nostro militante nonché candidato alle ultime elezioni comunali al Consiglio Comunale di Lugano, ha analizzato molto bene questo fenomeno nel suo ultimo libro “A proposito de Il Capitale”, di cui ha ampiamento parlato Silvano Toppi, nel suo contributo “La costellazione di sinistra”, apparso sul vostro sito il 19 febbraio. Da parte mia aggiungerei un altro elemento. Le pesantezze sociologiche, che affliggono purtroppo anche la sinistra, si superano di solito solo grazie all’ondata dirompente di nuovi movimenti sociali. Così da noi il PSA è nato a seguito del ‘68 e, allargando la visuale, il movimento di Bernie Sanders o la spettacolare ascesa di Corbyn sono stati il frutto della conversione di buon parte dei millennials ad idee socialiste, grazie ai movimenti altermondialisti e ad Occupy Wall Street.
Per tornare al Ticino, lo stesso scossone elettorale delle Federali del 2019, che avrebbe potuto essere ancora più marcato, è stato sicuramente in parte dovuto alla mobilizzazione creata dallo sciopero delle donne e dai giovani per il clima.
Anche se sottaciuto dai media, allora il ruolo del FA fu fondamentale sia per l’apporto numerico di voti sia, e soprattutto, per la conduzione tattica. Ma qui mi interessa un altro aspetto, spesso sottovalutato. Le elezioni cantonali e ancor più quelle comunali sono “inquinate” da molto aspetti personalistici, se non addirittura ‘clanistici’. Le federali riflettono invece molto meglio l’orientazione politica della popolazione, non da ultimo perché grazie alla possibilità delle congiunzioni, il fenomeno di per sé negativo del voto utile gioca un ruolo più trascurabile.
Se proiettiamo nel futuro questi risultati del 2019, tenendo conto di quanto sta cominciando a muoversi anche da noi, vediamo che abbiamo chiaramente tre blocchi quasi equivalenti: la sinistra (’area rosso-verde), la destra moderata (liberali, PPD) e la destra estrema (UDC/lega). Oltre all’annuncio prematuro di alcune candidature più o meno serie, secondo me è questo elemento ad aver già fatto entrare in fibrillazione il mondo politico cantonale. Con tre blocchi quasi equivalenti è evidente che basta uno spostamento relativamente ridotto di voti per far guadagnare o perdere un seggio in Consiglio di Stato all’uno o all’altro dei blocchi. Purtroppo l’impossibilità delle congiunzioni, sancita in Gran Consiglio con il voto del MPS (!), a livello comunale e cantonale rafforzerà indubbiamente la portata del voto utile. C’è quindi da sperare che si riesca a scardinare ulteriormente la pesantezza sociologica tipica canton-ticinese, arrivando a liste unitarie, anche se come movimento preferiamo di molto le possibilità maggiormente democratiche offerte dalla modalità delle elezioni federali.
Al di là di queste considerazioni che possono sembrare troppo “elettoralistiche” (ma già Lenin criticava chi snobbava le elezioni), è evidente che compito primario della sinistra resta il rilancio del conflitto sociale, senza il quale poco o niente si muove. In un cantone in crisi demografica, tartassato da salari bassi, da crescente precarietà, dalla migrazione dei giovani, dall’insufficiente finanziamento dell’università, dal perdurare di intrighi mafiosi, dall’assenza di una seria progettazione economica e chi più ne ha più ne metta, dovrebbe essere non solo possibile, ma necessario e magari neanche troppo difficile. È ora quindi che ci diamo da fare sul serio per farlo.
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