di Claudio Tamburrini
L’uomo allevato all’interno d’incubatrici delle grandi società neoliberiste di revisioni contabili, Christian Vitta, ha mosso i primi passi politici sotto i consigli materni della matrina, Marina Masoni. In premio alla sua fedeltà, si è visto recapitare un enorme capannone sul territorio comunale da lui amministrato.
Ora che il castello è sprofondato nella melma su cui poggiava, Vitta con assoluta nonchalance, continua a proporre le stesse illusorie ricette sul piano cantonale.
Gli va riconosciuta l’abilità indiscussa nel proporre il nulla, spacciandolo per un futuro radioso. Nel caso non fosse rieletto, quale venditore di pentole il successo sarebbe garantito.
Uno dei capolavori del quadriennio, è stata la promozione di politiche di sostegno alla famiglie barattate con generosi sgravi fiscali agli amici facoltosi. Usando soldi già accumulati negli anni e quelli provenienti da fondi federali, li ha spacciati in cavallereschi investimenti nella politica familiare.
Dipanati i trucchi magici, restano le nude cifre. Nel periodo del regno Vitta all’economia, il tasso di povertà nel cantone è cresciuto esponenzialmente, la disoccupazione reale è rimasta stabile sulle 10-12mila unità, nessun straccio di lavoro dei 30’000 impieghi creati è finito ai residenti, le paghe tendono ad abbassarsi, le condizioni di lavoro pure e il potere d’acquisto dei ticinesi è in picchiata costante. Con aplomb inglese, Vitta liquida tutto parlando di casi isolati.
Sul piano della socialità, coadiuvato da altri complici, ha fatto approvare una dopo l’altra preventivi lacrime e sangue per la popolazione nel nome del riassestamento dei conti. Tagli alla politica familiare, ai finanziamenti dei premi cassa malattia, per citarne alcuni dei più vistosi.
Oggi, raggiunto l’agognato pareggio dei conti, si appresta a concedere nuovi sgravi fiscali ai soli beneficiari della sua governance: i ricchi.
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